Valentino, l’omino dello stress e il pezzo di ferro

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di Ivanoe Pellerin

Il 16 febbraio 2020 il grande pilota compirà 41 anni. Fisico asciutto, capelli riccioluti, basette svolazzanti, sguardo tra l’infantile e l’ironico, animo gagliardo, coraggio indomito, determinazione straordinaria. Giusto per fare il punto: nove volte campione del mondo, sette volte nella competizione regina (la prima volta nel 1997), 115 volte primo in gara e, cosa che non guasta, 400 milioni da gestire nell’anno 2000 (calcolo Forbes). Per esser considerato un po’ “vecchietto” mi pare che il conto non sia male. Correre da protagonista assoluto per vent’anni sulle piste della più grande competizione motociclistica del mondo non è cosa da poco. Credo davvero che sia pazzesco, con tensioni incredibili, con compressioni straordinarie, con vittorie e con sconfitte, con grandezze riconosciute e con cadute che fanno male.

Riconosciamolo, una parte dell’arena della GP è colorata di giallo. E allora? Il problema è che la Yamaha con la solita preveggenza non ha voluto lasciarsi scappare qualche “giovane” pilota rampante e furioso che possa contrastare lo strapotere di Marquez. Comprensibile, direte voi. Ma confermare Maverik Vinales e assumere per la prossima stagione Fabio Quatararo ha il colore malinconico dell’abbandono di Valentino Rossi anche se gli hanno assicurato che per lui una moto satellite sarà sempre a disposizione. E questo, come ha detto oggi (quando scrivo) Valentino, rende il passaggio un pochino più lieto e comprensibile.

Come ha confidato in un’intervista Lin Jarvis, il boss della divisione Racing della Yamaha, Valentino crede ancora nella possibilità di battere lo strapotere del binomio Honda-Marquez. Certo, correre a 40 anni è molto diverso che correre a 25, mi pare fin troppo ovvio. Le reazioni fisiche e mentali sono opportunamente diverse. Ma là dove la fisicità è al primo posto, all’altro capo c’è l’esperienza e la capacità di intuire possibilità e limiti e la disponibilità verso un impegno allargato e maturo. Vi è poi un elemento davvero imponderabile: quando corre, Valentino si diverte.

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Ivanoe Pellerin

Aggiungo qualche riflessione. A ben vedere pochi atleti possono ambire a continuare la loro gara con la vita al di là di un limite ragionevole che il nostro profilo biologico mette a disposizione. Già, ma qual è questo limite? È la grande domanda che il campione si pone, io credo, continuamente da parecchio tempo e che forse, in un altro modo, riguarda tutti noi. Già, il limite. Ho assistito alla serata di Mai Paura Onlus, quando Umberto Pelizzari e Manuel Bortuzzo, atleti veri e veri uomini, hanno comunicato straordinari messaggi di coraggio e di onore. In quell’occasione ho imparato che sulla spalla destra dell’atleta in carriera si pone con alterigia e suggestione uno strano “figuro” chiamato: l’omino dello stress. Costui accompagna lo sportivo sempre, anche nei momenti di tranquillità, lontano dalle gare, suggerendo comportamenti, indicando abilmente percorsi e producendo giraingiro di pensiero. Lo stress rimane stress ma assume i contorni di un amico, magari petulante e invadente ma sempre pronto alla lotta e allo scontro, sempre pronto a ricordare i match vicini e lontani, sempre pronto a mantenere alta la tensione

L’omino dello stress diventa così un suggeritore, una specie di amico, una voce che ritorna di continuo. Quando l’atleta si allontana dalle gare, inevitabilmente, perde questa voce, questa “presenza”, questo compagno di viaggio. E a volte questa perdita, questa lontananza, diventa quasi una solitudine tanto pesante da portare alla malinconia. Se così è, spesso lo sportivo rivuole l’omino dello stress, rivuole la voce amica magari molto tensiva ma certo altrettanto confortante. Forse per questa ragione si torna alle gare o, forse per questa ragione, non le si abbandona mai.

Cari amici vicini e lontani, non ho dimenticato la vera protagonista di questa chiacchierata: la moto. Già in altri tempi vi ho confidato la mia passione. In quest’occasione vi voglio far parte, in grande sintesi, di un articolato pensiero che gira da tempo nel web. Leggetelo con leggerezza. Non l’ho scritto io ma mi piacerebbe averlo fatto. “Ho comprato la moto per un sogno personale … Ho conosciuto bikers che mi hanno insegnato qualcosa… Ne ho conosciuto altri che sono stato contento aver dimenticato … Ho avuto freddo … Ho avuto caldo … Ho visto posti meravigliosi e vissuto esperienze indimenticabili … Sì, qualche volta ho pianto … Qualche volta ho perso il posteriore ed ho avuto paura … Altre volte ho fatto curve da paura … Mi sono fermato a guardare un panorama … Ho salutato e parlato con perfetti sconosciuti … quando nella vita fanno fatica a farlo persone che si vedono tutti i giorni … Sono uscito con i demoni dentro e sono tornato a casa con la pace nel cuore … Tutte le volte che salgo in moto penso a quanto sia meraviglioso e ho smesso di parlare con chi non capisce e passo le ore a farlo con chi non servirebbe neanche parlare … Non è un mezzo di trasporto né un pezzo di ferro… È la parte mancante del mio animo e del mio spirito …. E a chi mi dice di smettere, di venderla e di fare la persona seria … io non rispondo … ma semplicemente abbasso la visiera … e sorrido.”. Cari amici vicini e lontani, come diciamo noi bikers, buona strada.

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