Varese Archeofilm tra tuoni e lampi. La lotta contro l’oblio per la storia della Siria

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Da sinistra: Martina Crugnola, Olivier Bourgeois, Giulia Pruneti e Marco Castiglioni

VARESE – «Grazie per aver resistito. Dopo tanti mesi senza pioggia ci voleva Varese Archeofilm per interrompere la siccità», ha ironizzato Marco Castiglioni, direttore dell’omonimo museo e organizzatore del festival, al termine della prima proiezione che ieri, giovedì primo settembre, ha visto la furia del temporale abbattersi più volte sulla tendo struttura dei Giardini Estensi. “Il giuramento di Ciriaco”, docufilm sui conservatori e studenti siriani che durante l’assedio di Aleppo hanno cercato di mettere in salvo, anche a rischio della vita, i reperti custoditi nel Museo nazionale, è riuscito a giungere a conclusione ma non ha avuto altrettanta fortuna “I misteri di Cabeço da Mina”: la visione è stata compromessa dal sonoro altalenante, probabilmente dovuto a guasti generati dal maltempo, e verrà recuperato nelle prossime serate.

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Una corsa contro il tempo

In apertura dell’evento ha raggiunto sul palco Castiglioni e Giulia Pruneti, giornalista di Archeologia Viva, Olivier Bourgeois che ha illustrato ai presenti, tra cui c’era Enzo Laforgia, assessore alla Cultura di Varese, la genesi de “Il giuramento di Ciriaco”. Con l’aiuto dell’interprete Martina Crugnola il regista ha raccontato come, trovandosi in Siria per una missione archeologica, si sia imbattuto in «una storia da raccontare così grande» da doverla trasporre in un film; e ancora come, per l’impossibilità di raggiungere Aleppo, abbia dovuto aspettare due anni prima di poter incontrare i ragazzi e iniziare a occuparsi della produzione. Il lungometraggio ha ripercorso le varie fasi del salvataggio di 24mila manufatti, in una continua corsa contro il tempo tra piogge di missili e risorse limitate, fino al viaggio verso Damasco sotto la costante minaccia dei cecchini. Un’opera che ricorda il valore morale di questi oggetti, testimonianze che appartengono alla Siria e al mondo intero, e il messaggio di pace dato dalla loro protezione: «Se li perdiamo, la storia della Siria è persa», si dice nel film. «Non sono pietre: sono la nostra identità, la nostra storia e la nostra civiltà».

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Il valore che assume “Il giuramento di Ciriaco”

Antonio Orecchia, professore dell’Università dell’Insubria, ha dialogato sul palco con Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva: il docente di Storie del XX Secolo ha ripercorso le ultime vicende della Siria, dall’imprigionamento nel marzo 2011 del ragazzo autore di un graffito contro Assad che, nella scia delle primavere arabe, ha portato al diffondersi della rivolta, con parte dei militari che si sono uniti in un esercito ribelle. Al momento i morti causati dal conflitto sono tra 500mila e 600mila, con una percentuale della popolazione tra il 60% e l’80% sotto la soglia di povertà; il 40% si disseta con acqua non potabile. Il presidente siriano, forte dell’appoggio di Putin, dichiara di aver riconquistato il 70% del territorio che resta però ancora diviso tra le aree controllate dai curdi, dalla Turchia, dalle forze islamiste fino alle milizie filoccidentali nel sud e le alture del Golan in mano israeliana.
«Di fronte a una situazione come questa – ha sottolineato Pruneti – un film come “Il giuramento di Ciriaco” assume un valore particolare: rappresenta la lotta dell’uomo contro la perdita di memoria, contro la distruzione di sé stesso». In tal senso è d’insegnamento la storia dello smemorato di Collegno, ha chiosato Orecchia: «Non ricordando chi fosse, non faceva altro che deambulare senza sapere più dove andare».

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Antonio Orecchia e Piero Pruneti
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