Varese celebra la Breccia di Porta Pia. Galimberti: «I suoi valori vivono ancora»

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VARESE – «L’importanza della data del 20 settembre 1870 è dimostrata dai valori dei quali fu simbolo, che decenni dopo furono inclusi nella Costituzione e vivono ancora oggi». Così Davide Galimberti, sindaco di Varese, ha salutato oggi, sabato 26 settembre, la celebrazione al monumento al Bersagliere del centocinquantesimo anniversario dalla Breccia di Porta Pia, evento del Risorgimento che, con l’annessione di Roma al Regno d’Italia, sancì la fine dello Stato Pontificio.

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La cerimonia

Alla commemorazione, organizzata dalla sezione di Varese dell’Associazione Mazziniana Italiana “Giovanni Bertolé Viale”, erano presenti i presidenti delle sezioni di Varese e Morazzone dell’Associazione Nazionale Bersaglieri (ANB) e, in divisa storica, il terzo reggimento dei bersaglieri del Carosello Storico Tre Leoni di Somma Lombardo. Dopo il saluto di Carlo Manzoni, presidente Ami della sezione di Varese e l’intervento di Galimberti, il professore Enzo Laforgia ha ripercorso la storia della ricorrenza e approfondito il suo legame con le vicende dell’Unità d’Italia. La cerimonia si è quindi conclusa con la deposizione di una corona di fiori ai piedi del monumento e il “Silenzio” eseguito dal trombettiere.

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Un evento non scontato

«Un evento come questo non è così scontato, a riguardo l’Italia ha raggiunto la maturità da non tanto tempo», ha osservato Laforgia. «Nel 1895 il dibattito in Parlamento per l’istituzione di questa data come festa nazionale fu fortemente divisivo. Nel 1959 il politico Ernesto Rossi, uni degli autori del Manifesto di Ventotene, dopo aver citato il 20 settembre in un discorso si vide perquisire casa per vilipendio alla religione di Stato. Il giornalista Guido Piovene titolò: “Vietato parlare di Garibaldi”». Come ha ricordato il docente, il principio di laicità, che emerge dalla Costituzione e sancisce l’equidistanza dello Stato da tutte le credenze, è stato fatto proprio dalla Corte costituzionale solo nel 1989, alle soglie del terzo millennio.

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La rimozione della ricorrenza

Laforgia ha quindi ricordato l’opposizione da parte del Vaticano alla ricorrenza, che lo vide chiedere a Benito Mussolini, come contropartita per la ricucitura tra Stato e Chiesa sancita nel 1929 dai Patti Lateranensi, la sua rimozione: «Il dittatore promise che l’avrebbe fatto e di lì a un anno rielaborò il calendario delle festività sostituendole con quelle del fascismo, a sua volta una religione di Stato». Con la caduta del regime la ricorrenza non è stata più recuperata: «Il principio della laicità è però imposto dallo stesso concetto di democrazia: lo Stato non può fare differenze. Ciò fa pensare che forse Mazzini ci aveva visto giusto, quando nel 1967 auspicava che dal Campidoglio si sarebbe proclamata “la santità della coscienza, l’inviolabilità del pensiero e la libertà dell’animo umano”».

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