Varese, finto avvocato sui social incassa 13mila euro: condannato. “Mi prostituii per pagarlo”

tribunale di varese

VARESE – Una storia complicata che parte da un fatto semplice: una donna che, con la sua compagna, si rivolge ad un avvocato per salvare la propria casa. Le spese condominiali non pagate hanno portato alla messa all’asta dell’abitazione della coppia che giunta al punto decide, come si dice in questi casi, di passare alle vie legali.

La casa da salvare

Ma come scegliere un avvocato? Come spesso accade le due chiedono consiglio ad un conoscente. L’imputato, volto noto da anni in quanto la madre si occupa delle pulizie nella palazzina dove la coppia vive. L’uomo fornisce il nome di un legale, vero e con studio di proprietà, garantendo sulle capacità dell’avvocato. Detto, fatto.

Falsi profili social

Secondo l’accusa l’imputato in seguito avrebbe creato dei falsi profili social (su Facebook e su Instagram) spacciandosi per il professionista in toga. Ed è attraverso questi canali che l’uomo si sarebbe spacciato per il legale. Di persona, invece, si presentava alle due donne quale intermediario del legale. A lui venivano consegnati i documenti richiesti “virtualmente” dal legale per fronteggiare la causa “salva casa” della coppia, sempre a lui sono stati consegnati i 13mila euro chiesti come compenso per le prestazioni giuridiche prestate. Prestazioni che, in realtà, erano del tutto fasulle. La padrona di casa ha dichiarato in aula, davanti al giudice del Tribunale di Varese Andrea Crema in composizione monocratica, di essersi addirittura prostituita per poter saldare la parcella.

Pena ridimensionata

La bolla è scoppiata quando le due donne hanno capito, nel peggiore dei modi, che la loro causa legale altro non era che un gioco di prestigio. Nessun avvocato, nessuna resistenza in Tribunale. Ed è scatta la denuncia. Il giudice Crema oggi ha condannato l’imputato a un anno (mille euro di multa) facendo cadere l’accusa principale, sostituzione di persona, e accreditando, invece, il capo di imputazione relativo alla truffa. L’accusa aveva chiesto due anni e 6 mesi.

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