Varese, la droga è un affare di famiglia a San Fermo: scacco allo spaccio in città

VARESE – Sono 13 le persone coinvolte nella maxi-operazione antidroga “San Fermo 2” della squadra mobile di Varese: 9 sono finite dietro le sbarre e 4 avranno l’obbligo di presentarsi alla polizia giudizaria. Un giro di spaccio che coinvolgeva tre diversi nuclei familiari tra il quartiere di San Fermo e il paese di Brusimpiano, sul Ceresio. Per uno di questi – padre, madre e figlia di 23 anni – sono scattate le manette per tutta la famiglia. «Una tra le operazioni antidroga più importanti portate a termine a Varese negli ultimi anni» la definisce il Questore di Varese Giovanni Pepé. Nel corso dell’intera indagine sono stati sequestrati diversi quantitativi di sostanza stupefacente, fra cui 1,6 chilogrammi di hashish e 255 grammi di marijuana.

San Fermo crocevia dello spaccio

 

Con l’operazione, speculare a quella del 2015 denominata “San Fermo” (sempre a cura della Mobile con il coordinamento della Procura di Varese, allora nata a partire da un sequestro di cocaina spacciata in strada), è stato «smantellato un giro di spaccio che coinvolgeva tre diversi nuclei familiari, due a San Fermo e uno a Brusimpiano – sottolinea il vicequestore della Polizia di Stato Silvia Passoni, dirigente della squadra mobile della Questura di Varese – uno di questi è finito interamente in carcere, figlia madre e padre sottoposti a misura cautelare. La figlia 23enne usava per spacciare minorenni ai quali vendeva anche la droga». Fondamentale, per sgominare il giro di spaccio, la collaborazione alle indagini da parte di alcuni abitanti del quartiere di San Fermo, che hanno fornito informazioni utili per lo sviluppo investigativo.

L’operazione

Nella mattinata di oggi, 28 gennaio, la Squadra Mobile ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Varese, su richiesta della Procura della Repubblica della Città Giardino, che ha disposto la custodia cautelare nei confronti di 9 soggetti, e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti di altre 4 persone. Tutti soggetti italiani, con precedenti per svariati reati. Sono stati eseguiti anche 9 decreti di perquisizione personale e locale con l’ausilio dell’unità cinofila della Guardia di Finanza di Malpensa che hanno portato al sequestro di circa 100 grammi di sostanza stupefacente, rinvenuta all’interno di due abitazioni.

Il giro di spaccio

L’indagine, partita nel 2018, ha consentito di identificare una ventina di soggetti che avevano un ruolo di primo piano nello spaccio di stupefacenti nel quartiere San Fermo di Varese. Tra questi, anche tre donne, mogli o figlie di soggetti attivamente impegnati nel traffico di droga, che hanno affiancato i congiunti nell’attività illecita, oppure li hanno sostituiti quando sono finiti in carcere. Come C. A., cinquantenne calabrese di origine, che su disposizione del Tribunale di Sorveglianza è finito in carcere nel settembre del 2018 perché, mentre si trovava agli arresti domiciliari per scontare una condanna definitiva per armi, ricettazione e droga, era stato sorpreso nel corso di un controllo a detenere sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Pur essendo dietro le sbarre ha passato il testimone dell’attività alla moglie, G. L. 49enne, alla figlia C. R. G., 23enne, e al cognato G. D., 51enne, che ricevevano direttive dal carcere da parte del loro congiunto. Per lo spaccio ma anche per la riscossione dei crediti maturati nei confronti di clienti che non avevano ancora pagato pregresse forniture di droga.

La “scintilla”

Ed è proprio da un debito non onorato che è partita l’indagine. Infatti, un giorno del mese di agosto del 2018 una Volante impegnata nell’attività di controllo del territorio si era imbattuta in un cittadino italiano di 40 anni, con il volto tumefatto e sporco di sangue, che riferì di essere stato picchiato poco prima nel quartiere San Fermo a casa di un uomo ai domiciliari, con cui aveva un debito da più di 1.000 euro per l’acquisto di cocaina. Talmente impaurito che, oltre a non denunciarli, si rifiutò di farsi curare al pronto soccorso, manifestando l’intenzione di contattare nei giorni successivi i suoi aggressori per poter saldare il debito contratto, non appena incassato lo stipendio mensile. Cosa che in effetti fece qualche giorno dopo, consegnando i soldi dovuti, ricavati dalla vendita di una moto di sua proprietà.

La rete

Il creditore era stato identificato nel capofamiglia C. A., che, per intimorire il debitore si era avvalso delle prestazioni di M. A., 37enne, che già svolgeva per suo conto il ruolo di spacciatore. L’indagine ha dimostrato che in altri casi i clienti debitori del sodalizio capeggiato da C. A. pagavano le forniture di cocaina con altro stupefacente, in particolare hashish, reperito da altri canali. Come V. C., 37 anni, anch’egli calabrese di origine, che a sua volta nell’attività di spaccio di hashish era sostenuto da una rete di collaboratori famigliari tra cui la moglie Z. L., 39enne, e il cognato Z. A., 33enne, arrestato nel corso dell’indagine in quanto trovato in possesso di un chilo e mezzo di hashish.

Gli esecutori

Sono stati individuati anche i fornitori del sodalizio, domiciliati nel Milanese, nei confronti dei quali è stata applicata la custodia cautelare agli arresti domiciliari: O. A., 54enne originario della Campania, e D. C., 58enne originario della Calabria, che fornivano cocaina; E. M., 37enne, che riforniva marijuana. Per quest’ultimo hanno fatto da tramite i componenti di un’altra famiglia che vive a Brusimpiano, padre, madre e due figli, tutti impegnati nell’attività di spaccio di droga. Addirittura un accordo criminoso è stato perfezionato in carcere, dove erano contemporaneamente detenuti C. A. e B. K. (23enne, in carcere per rapine), avendo poi sbocco all’esterno grazie ai colloqui con i familiari, che hanno eseguito gli ordini stabiliti dietro le sbarre.

I complici

L’indagine ha monitorato la prima fornitura da 250 grammi, che, appena consegnata a C.R.G., figlia di C.A., è stata sottoposta a sequestro. La ragazza, in particolare, riuscì a conquistarsi nel quartiere un ruolo di primo piano nelle cessioni di hashish, anche sfruttando la connivenza di alcuni abitanti a San Fermo, che le mettevano a disposizione locali in cui nascondere le forniture, rendendone così difficile il ritrovamento in caso di controlli da parte della Polizia, e utilizzando per lo spaccio e per il recupero del denaro anche dei minorenni.

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