Varese, pronto a dimettersi il commissario. Non c’è più Forza Italia

VARESE – Forza Italia: il partito che non c’è. Della gloriosa formazione politica di Silvio Berlusconi sul territorio è rimasto il nome e poco altro. Forse, su tutta la provincia, c’è ancora il cieco amore dei militanti irriducibili e di coloro che ancora si ostinano a sventolare la bandiera, a pulire la sede, a presenziare ai gazebo quando si deve ballare per una tornata elettorale. Di sicuro c’è l’ambizione di qualche “nano” della politica che nel deserto generale si sente un gigante e vede finalmente l’occasione di ritagliarsi una rendita. Nel nulla la cosa si nota molto di più. E poi ci sono ancora le cene natalizie – meno partecipate – che assomiglia sempre più a una rimpatriata di liceali cresciuti e canuti e che si ritrovano per parlare dei bei tempi.

Bei tempi

Già i bei tempi. Quelli in cui al cavaliere bastava una parola, un colpo di genio comunicativo, per accendere il popolo azzurro. Anche quello varesino, sempre generoso nel portare il partito su percentuali altissime per poi chinare la testa davanti al dominio politico, più che elettorale, della Lega nella terra di Umberto Bossi. Un sacrificio in termini di posti e posizioni che però non scalfiva il rispetto degli alleati, i quali riconoscevano al partito di Berlusconi un’indiscussa autorevolezza nel guidare l’alleanza.

Altri tempi. Anzi, un’altra era politica rigogliosa e frizzante. Quella di oggi, invece, è misera di idee, progetti, contenuti e tattica (oltre che di consenso in ineluttabile picchiata verso il basso). E la desertificazione del partito non può essere imputata in toto alla mensa dei poveri. Il declino, che in provincia di Varese è stato originato e determinato dallo tsunami giudiziario, è su scala nazionale. A queste latitudini non si fa eccezione.

Minimalismo spinto

E così capita di vedere i capataz forzisti intavolare trattative politiche al ribasso fin dalle prima battute per poi vendere come pepite d’oro le patacche rifilate dai più muscolari amici di brigata. Solo qualche esempio tra tanti: qualche mese fa ambivano ad avere un candidato sindaco in una delle tre grande città al voto (Busto, Varese o Gallarate), hanno accarezzato la candidatura a sindaco, in solitaria, di Gigi Farioli per poi mollare di colpo il due volte sindaco di Busto. Subito dopo hanno incassato il niet persino su Varese (ha corso Bianchi) e a Gallarate la ricandidatura di Cassani manco è finita sul tavolo della discussione. Il tutto per accettare di sottoscrivere un accordo per avere la presidenza della Provincia. Che, non è arrivata. E’ bastato che Fratelli d’Italia facesse “bau” per far rientrare tutte le ambizioni forziste su Villa Recalcati. Con in cambio la promessa di un piatto lenticchie. E’ vero che la provincia è un Ente ancora in cerca di un’identità. Ma non è assolutamente vero che la presidenza provinciale vale una cicca. Se così fosse i vertici di Fratelli d’Italia non avrebbero fatto il diavolo a quattro per costringere il proprio uomo (che nutre ancora mille paure) a correre per la riconferma.

Sedie senza ali

Insomma, non c’è più Forza Italia (e se qualcuno porta prove per dire il contrario ne saremmo ben contenti). Non ci sono più nemmeno le sedie che un tempo, alla bisogna, volavano e diventava elemento di persuasione. E forse non c’è più nemmeno il sacro fuoco di battersi per un progetto che si è andato sfarinando. Ah, un ultima cosa: il partito cittadino a Varese a breve non avrà più nemmeno un commissario. Dalle ultime indiscrezioni, infatti, Domenico Battaglia ha annunciato le sue dimissioni. Via chat, poiché si dice che da tempo nemmeno lui si vede più.