«Vi racconto il Covid dalla Rsa del Melo di Gallarate»

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Racconto di Daniela Foglia, ispirato ai vissuti degli ospiti dell’Rsa del Melo di Gallarate

Novant’anni sono tanti.

Mai avrei pensato di trascorrere l’ultimo tratto di strada in una Rsa.

Però mi trovo bene: sono al Melo, un posto accogliente dove vengo accudita e coccolata ogni giorno con le migliori attenzioni.

Poi, all’improvviso, una nebbia fittissima si è abbassata sulla mia vita e su quella dei miei compagni di strada: niente più visite coi nostri familiari, niente più bambini che venivano a trovarci rallegrando le nostre giornate, niente più spettacoli al parco o a teatro, niente più vacanze al mare, niente più abbracci… solo tanta paura…

Ho pensato che l’uomo nero, il cattivo che animava le fiabe di quando ero bambina, si fosse ripresentato sotto una forma subdola, purtroppo molto più reale di quanto lo fosse nei racconti d’infanzia: Covid, l’hanno chiamato gli scienziati. Il Mostro, lo chiamiamo noi: un mostro che ci ha improvvisamente posto davanti ad una realtà devastante, molto difficile da sopportare per noi che abbiamo già dovuto subire le vessazioni imposte dalle guerre mondiali.

Malauguratamente è venuto a bussare anche alle nostre porte e ci ha costretto ad affrontare una fatica ai limiti delle nostre possibilità: per noi, che già molto anziani abbiamo un sacco di acciacchi da sopportare; per le nostre famiglie, che a volte si sono sentite in colpa per averci portato in una RSA e si sono visti improvvisamente strappati i loro affetti più cari; per gli Operatori che hanno fatto di tutto per farci star bene, affrontando a testa alta turni di lavoro particolarmente impegnativi. Io li vedevo i loro occhi: preoccupati, stanchi e tristi, eppure così carichi di affetto e di tenerezza. State tranquilli a casa: non ci è mai mancato un sorriso e nemmeno una coccola… Certo non è come avervi al nostro fianco, ma ogni giorno gli occhi di queste persone, che spuntano dalle mascherine attraverso le visiere, ci dicono che siamo amati, e non è poco: si inventano sempre cose nuove per farci star bene e per arricchire le nostre giornate con stimoli rinnovati.

Le attività che quotidianamente svolgiamo con gli animatori sono ancora più stimolanti rispetto al tempo che precedeva l’arrivo del Mostro: ci aiutano a ricordare pezzi della nostra storia personale e familiare e ci fanno apprezzare la bellezza del ricordo talvolta stemperato delle nostre origini: sanno trovare il modo di aiutare la nostra testa, e soprattutto il nostro cuore, a ripescare ricordi da quell’album meraviglioso che è stata la vita di ognuno di noi, con tutti i se e i ma che ognuno di noi a modo suo ha dovuto affrontare.

Natale si avvicina. Non posso non pensare ai Natali della mia vita in famiglia, con tutti i miei affetti più cari, ma anche a quelli che negli ultimi anni ho trascorso qui al Melo: c’era sempre aria di festa con tanta gente che veniva a trovarci… Musica, concerti e tante attività che rendevano speciale questa atmosfera.

Nostalgica, mi perdo nei ricordi, quando sento dire in tv che in questi giorni di vacanza si tornerà a non potere uscire per far sì che il Mostro non diventi ancora più forte: comprendo mio malgrado che sarà per forza un Natale melanconico, chiusi in casa, anche noi nella nostra casa. Poi, come a svegliarmi dal torpore arriva inaspettata la sorpresa: «Signora, è arrivato il suo regalo di Natale!».

Il mio regalo? Avevo colto un po’ di trambusto nell’aria, ma non capivo bene cosa stesse succedendo…

Mi accompagnano in fondo al corridoio, dove è stata montata una grande porta vetrata. E lì accade il miracolo più bello: scorgo la sagoma di un bimbo e di una donna, imbacuccati perché fuori fa freddo e non si può ancora entrare in RSA. Le lacrime sgorgano dai miei occhi: sono lacrime liberatorie, lacrime di gioia pura: mia nipote è venuta a trovarmi col suo piccolino, ancora in fasce.

Ci separa una sottilissima lastra di vetro, ma la magia di questo incontro proprio due giorni prima di Natale è indescrivibile: le nostre mani si congiungono e il vetro sembra sparire. Venti minuti di relazione e di affetto così intensi da riempirmi il cuore di gioia: in questi pochi istanti, brevi ma intensi, si è compiuto il mio presepe vivente.

In un attimo ho rivisto il film della mia vita e ho pensato che il dolore di questo momento deve pur avere un senso: ho capito che il potere dell’amore è il vero motore della vita, e che quando tutto finirà – perché certamente finirà – non vorrò perdermi un attimo della luce che ho visto rinascere oggi incontrando mia nipote. Questo è il senso di tanta fatica: tornare a dare valore alle piccole cose, a quei gesti che si staccano profondamente dal senso di egoismo e di superficialità che purtroppo si è impossessato delle nostre vite in questi ultimi anni.

Il Natale ci ricorda che il senso della vita sta proprio dentro ad un bimbo nato nella povertà per illuminare il mondo: e così a novant’anni mi accorgo che non tutto è finito, che la vita è davvero un dono straordinario.

Purtroppo ho perso qualche amico che non ce l’ha fatta a sopravvivere a quella che noi Anziani definiamo senza mezzi termini la “Terza Guerra Mondiale”, ma ora dobbiamo andare avanti e ritrovare energia rinnovata per rendere omaggio alla bellezza della vita.

C’è musica in salone questa sera prima di Natale: gli animatori chiamano questa attività “La febbre del Sabato sera”. Nonostante l’ora tarda e la loro evidente stanchezza si fermano comunque con noi per fare festa. Ci stanno regalando attimi di vita vera, e sentiamo la commozione salire insieme alla gioia che proviamo nel vivere questo clima natalizio. Le stelle luminose che brillano sul nostro soffitto ci ricordano che la luce tornerà ad illuminare le nostre vite e potremo ritornare a frequentare le nostre famiglie, i nostri affetti e i nostri amici con rinnovata consapevolezza.

Forse è giunto il momento di smetterla di recriminare per quello che ci è stato tolto in questo anno a dir poco devastante: guardiamo avanti con fiducia verso il futuro, perché i nostri figli e nipoti hanno bisogno di vederci comunque sereni. Possiamo ancora imparare insieme che la pazienza, il coraggio e la perseveranza sono doti che ci aiutano a vivere meglio.

Nonostante tutto la vita deve scorrere, più intensa che mai.

Daniela Foglia, direttore della Rsa del Melo di Gallarate 

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