«Vidi una sagoma tra le nuvole, poi il boato». Il disastro aereo di Cuirone 50 anni dopo

cuirone incidente aereo

MALPENSA – Antonio Monti il 2 agosto del 1968 se lo ricorda come se fosse ieri. «Ero in piazza a Vergiate e tra le nuvole intravidi una sagoma», racconta. «Pochi secondi dopo ci fu un enorme boato. Pensai subito: è venuto giù. E incominciai a correre». Poco più che un ragazzo, fu tra i primissimi a dirigersi verso il Monte San Giacomo di Cuirone, il luogo in cui si schiantò il volo Alitalia 660 che doveva fare scalo a Malpensa prima di ripartire verso Montreal. Cinquant’anni dopo Monti conserva ancora a casa il portellone del radar. Lo ha portato con sé oggi alla commemorazione, organizzata dall’associazione Aeroporti Lombardi davanti alla chiesa San Materno di Cuirone, frazione di Vergiate, dove c’è la lapide che ricorda uno dei giorni più bui della storia di Malpensa.

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Morirono dodici persone

Le condizioni meteorologiche quel giorno erano pessime. Il maltempo fu la causa principale dell’errore del pilota, che scambiò la pista di Vergiate (troppo corta per far atterrare un Dc8) con l’aeroporto di Malpensa. «Pioveva a dirotto», ricorda Monti, «a tal punto che non si vedeva nemmeno il fumo. Per raggiungere il luogo del disastro ci affidammo all’olfatto. Più intenso era l’odore del cherosene e più voleva dire che eravamo vicini. A un certo punto sbucò dal bosco una persona distinta, vestito in giacca e cravatta. Era uno dei superstiti. Lo caricammo in macchina e lo portammo all’asilo di Cuirone, diventato il punto di primo soccorso. Poi mi addentrai nel bosco e vidi la coda dell’aereo nella vegetazione. E’ un’immagine che non posso dimenticare». In quel disastro aereo persero la vita dodici delle novantacinque persone che si trovavano a bordo del Douglas Dc8 di Alitalia decollato da Roma Fiumicino. Morirono bruciati. Ma secondo Monti, oggi guida volontaria al Parco e museo del volo di Volandia, anche quei dodici si potevano salvare: «Bastava uscire, ma scelsero la via di fuga sbagliata. Si diressero verso il fondo, purtroppo la fusoliera era appoggiata a terra e il portellone non si aprì».

L’uomo e la natura

Alla commemorazione ufficiale erano presenti il sindaco Maurizio Leorato con il gonfalone, il parroco don Fabrizio Crotta, l’associazione Arma aeronautica di Gallarate e una rappresentanza del Primo reggimento granatieri di Sardegna. Quella che doveva essere una cerimonia per pochi appassionati di aviazione si è invece trasformata in un evento che ha richiamato molte persone. «L’uomo tecnologico ha molte aspettative, ma la presunzione umana nulla può di fronte alla forza della natura», ha detto nel suo discorso introduttivo il presidente di Aeroporti lombardi, Roger Zanesco.

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