VISTO & RIVISTO Un horror che annnoia e fa sorridere

di Andrea Minchella

VISTO:

IT – CAPITOLO DUE, di Andres Muschietti (It: Chapter Two, Stati Uniti 2019, 169 min.).

“Business is business”. Questo devono aver pensato i fratelli Muschietti nell’apprestarsi a realizzare il secondo capitolo del loro “It – Capitolo uno” del 2017. Ed infatti, assistendo alla proiezione di questa lunghissima seconda puntata, il sospetto che non ci fosse una vera storia, ma che ci fosse più il desiderio di spremere un vecchio prodotto vincente per incassare parecchi soldi, è molto alto. Uno dei grandi problemi che subito riscontriamo, e che spesso infestano produzioni di questo genere, è la totale schizofrenia artistica dello sceneggiatore. Si passa da un grido diabolico e terrificante che proviene da una oscura e annebbiata cittadina della sconfinata e anonima provincia americana, ad una cena, ricca di spirito e battute “strappa risate”, di vecchi amici di Derry, città in cui è tornato a colpire il malefico pagliaccio di nome It, che si ritrovano dopo diversi anni per sconfiggere il temuto clown. Questo continuo cambio di registro risulta sconcertante e vanifica tutto l’impegno nel tentare di costruire una sequenza permeata di un’oscura e diabolica figura come il buon vecchio Pennywise, il malefico pagliaccio che, nell’immaginario di Stephen King, che lo creò nel 1986, uccideva e mangiava bambini improvvisando balletti ridicoli ed inquietanti.

Il film, che si riallaccia al primo capitolo di due anni fa, racconta la storia dei ragazzi di Derry che, a metà degli anni ottanta, avevano, o credevano di averlo fatto, ucciso la temibile creatura. In quell’occasione si erano ripromessi di riunirsi in caso di un nefasto ritorno di Pennywise. Ed infatti, 27 anni dopo, il pagliaccio ritorna e i ragazzi, ormai adulti, si ritrovano per compiere, speriamo definitivamente, la missione che probabilmente non era riuscita nel lontano 1988. Assistiamo, dunque, per più di due ore, al tentativo difficile e spesso eccessivamente didascalico che il gruppo di ragazzi, capeggiati dalla bravissima Jessica Chastain e dal multiforme James Mc Avoy, mette in atto per tentare di primeggiare nei confronti del clown assetato di morte. La ripetitività dello schema, però, toglie ogni tentativo del regista di spaventare lo spettatore, che sembra, più che altro, ridacchiare ed annoiarsi.

I fratelli Muschietti, lei produttrice e lui regista, sembrano aver perso la grezza ma promettente magia del primo loro progetto “Mama” del 2013, che vedeva come unica ed incontrastata protagonista la bravissima e profonda Jessica Chastain, che in questa pellicola, comunque, risulta incastrata in un ruolo esageratamente retorico ed appiattito.

Da segnalare un’annoiata ed “impolverata” comparsata del “padre” di It. Stephen King, nei panni di un negoziante, sembra dare il bollino di qualità, suo malgrado, ad un progetto che molto si allontana dalla fortunata mini-serie degli anni ottanta, in cui un terrificante ed onirico Tim Curry prestava il corpo al malefico assassino-clown Pennywise.

 

RIVISTO:

SHINING, di Stanley Kubrick (The Shining, Stati Uniti-Regno Unito 1980, 146/144/119 min.).

Nel 1977 usciva un romanzo di uno scrittore ancora poco conosciuto. Gli appassionati del genere “horror” comprarono il libro, ma la critica non fu positiva: dove stava l’elemento “horror”? questo dubbio durò poco. Ben presto il libro divenne un cult, ma soltanto negli ambienti in cui il genere “horror” fosse apprezzato. Il libro capitò tra le mani di Stanley Kubrick che ne vide subito la magia e la gigante potenza evocativa. Scrisse una sceneggiatura praticamente quasi perfetta e incominciò le riprese negli Elstree Studios ad Hertfordshire, dove ricostruì l’interno dell’hotel immaginato da King: l’Overllok Hotel, collocato nelle Montagne Rocciose del Colorado.

Kubrick, perfezionista e maniaco dei dettagli, confezionò probabilmente uno dei film più evocativi e meglio costruiti della storia del cinema. Trasformò un romanzo, già quasi perfetto, in un’opera scenica che raggiungeva la parte più nascosta dello spettatore. La paura che si sprigionava dalle perfette sequenze del film era asfissiante: ci si spaventava, in maniera chiara e lineare, della follia che, ci dice King e ci sottolinea perfettamente Kubrick, può sorgere in qualunque momento della vita, e può toccare chiunque di noi. Questo elemento rende “Shining” un film terrificante che non ha età, né genere. Un film difficilmente etichettabile che, ancora oggi, spaventa ed inquieta come nel lontano 1980, anno della sua uscita.

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