VISTO&RIVISTO Diventare invisbili per essere visti da tutti

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di Andrea Minchella

VISTO

LE INVISIBILI, di Louis-Julien Petit (Les Invisibles, Francia 2018, 102 min.).

Una denuncia. Uno spaccato. Un racconto. Un viaggio. “Le Invisibili” è un insieme di tutte queste cose. E non solo. È, in fondo, una poetica e dolce denuncia di un mondo che non è più in grado di prendersi cura delle persone che faticano a stare a galla e delle loro fragilità.

Il regista, prendendo spunto dal documentario “Femmes Invisibles” e dal saggio “Sur La route des Invisibles, di Claire Lajeunie, dopo un anno intenso scandito dalla frequentazione di centri di accoglienza di donne senza dimora, realizza questo composto e profondamente equilibrato lungometraggio. “Les Invisibles” chiude magistralmente la trilogia che Petit dedica al mondo del lavoro, delle differenze sociali e dei diritti calpestati. Dopo, infatti, “Discount” e “Carole Matthieu”, il giovane regista francese confeziona un audace e scarno racconto sulle difficoltà che ogni giorno affrontano le protagoniste della storia che vivono, chi per necessità, chi per dare una mano, in un centro diurno per donne senza dimora.

La pellicola ci regala uno spaccato di personalità e sensibilità che, adeguatamente miscelate tra loro, finiscono per avvolgere lo spettatore in un dolce e, a volte asfissiante, abbraccio materno. Si ride e si piange durante la proiezione. Come nella vita vera, siamo sottoposti ad un altalenante flusso di emozioni che scolpiscono dentro di noi le facce di quelle donne sole e abbandonate che, in fondo, riescono ad essere più forti delle donne che si prodigano per aiutarle e per alleviare loro le pene della solitudine. Le protagoniste, che lavorano nel centro, infatti, spesso si sentono nude e fragili rispetto alla vita che non fà sconti nemmeno a loro.

Un’opera giustamente premiata dal pubblico francese che ne ha consacrato il successo in patria.

Distribuito a singhiozzo, questo bel film francese deve essere cercato in qualche sala vicino a noi, e deve essere guardato ed apprezzato per capire come il problema degli ultimi ci riguarda molto di più di quanto non crediamo o, peggio, di quanto qualcuno cerca in ogni modo di teorizzare come problema lontano da noi e, per questo, di sopprimerlo con ogni mezzo.

RIVISTO

POLISSE, di Maiwenn (Francia 2011, 134 min.).

Un pugno diretto allo stomaco. Ma con la poesia e la dolcezza che poche volte troviamo in simili racconti. La giovane regista Maiwenn, che preferisce interpretare ruoli più tosto che dirigere attori, ci regala con “Polisse” uno struggente spaccato sulla difficoltà quotidiana che certe persone incontrano per proteggere gli ultimi, i più indifesi, i bambini. In un mondo che non risparmia nemmeno l’infanzia, basta poco per diventare degli eroi. Ma tutto questo ha un prezzo alto: chi si occupa di fragilità ed abusi, rischia di minare la propria vita e la propria personale serenità. E così il rischio di cadere in un vortice di incomprensioni e errori diventa una concreta possibilità.

Questo racconto ci catapulta in un mondo fatto di inconsapevoli violenze e di forzate azioni di dolcezza. Questo mix eterogeneo di emozioni decreta quest’opera come un riuscito e penetrante esperimento cinematografico, difficilmente ripetibile.

Un film da andare a ricercare per poter fissare per sempre alcune delle inquadrature più evocative che il cinema Francese abbia generato negli ultimi anni.

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