VISTO&RIVISTO Euforia e l’utilità di raccontare bugie

euforia golino minchella

di Andrea Minchella

VISTO

EUFORIA di Valeria Golino (Ita 2018, 115 min.).

“sensazione accentuata di benessere con tendenza all’ottimismo e all’ilarità, talvolta artificialmente prodotta dall’uso di droghe, o derivante da malattie nervose.” Questo il significato letterale. Guardando il film di Valeria Golino, invece, euforia sembra assumere anche il significato più complesso dell’arte e dell’utilità di elaborare e raccontare bugie. Perché a volte la vita ci mette davanti a difficoltà talmente esasperate che mentire, magari ai nostri cari, sembra essere l’unica protezione che possiamo loro fornire.

L’egoismo buono, le bugie bianche, l’amore a senso unico: sono tutte debolezze dell’uomo che cerca  disperatamente una legittimazione all’interno di un contesto familiare spesso contorto e asfissiante.

E così l’eccentrico e bellissimo Matteo, interpretato da un solido e profondo Scamarcio, cerca di “proteggere la bellezza” in tutti i modi. Cerca infatti di salvare il fratello Ettore, un Mastrandrea come sempre all’altezza, a una verità cruda e devastante. Un amore schizofrenico, come spesso è quello tra fratelli, che lega e scandisce un film scritto bene e girato con una strutturata capacità. Troviamo, infatti, una Valeria Golino  sorprendentemente a suo agio dietro una macchina da presa che spesso sembra trafiggere i protagonisti  per mostrarci le loro anime, sole e malinconiche, schermate soltanto da un vetro “magico” che divide la cucina dalla sala della gigantesca casa romana di Matteo.

Questo film ringrazia diversi registi italiani, ma certamente di Ozpetek richiama diversi aspetti; dalla  storia apparentemente lineare, ai caratteri esuberanti e malinconici, fino ad una colonna sonora scelta,  quasi, nota per nota. Insomma, un equilibrato tributo ad un cinema italiano discreto, elegante ma certamente anche profondo ed evocativo.

Mai una sbavatura né una scena di troppo. Equilibrato e commovente nella giusta e moderata misura.

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RIVISTO

MIO FRATELLO E’ FIGLIO UNICO di Daniele Luchetti (Ita 2007, 100 min.).

Anche in questo bel film di Daniele Luchetti l’amicizia e la fratellanza sono il tema legante di tutta la storia. I fratelli, come i genitori, non ce li scegliamo, ma possiamo imparare ad amarli, anche nella loro totale  diversità da noi. Qui la differenza di credo politico è un curioso stratagemma che dà la possibilità al regista di sviscerare un periodo sociale e politico ancora troppo poco esplorato e raccontato.

Tratto dall’ interessante e originale romanzo del pontino Pennacchi, il film si distacca abbastanza dal libro, fino a far allontanare lo scrittore definitivamente dal progetto di Luchetti, che comunque rimane un film riuscito con un ancora acerbo Scamarcio ma con un già adulto e promettente Elio Germano.

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