VISTO&RIVISTO La fine di Stefano Cucchi. E il dolore lo senti tutto

visto rivisto cucchi

di Andrea Minchella

VISTO

SULLA MIA PELLE, di Alessio Cremonini, ITA 2018, 100 min.

Un pugno nello stomaco. E poi un calcio sulla schiena. Il dolore lo senti tutto. Ma non subito. È un crescendo diabolico e nefasto. Guardando ”Sulla Mia Pelle”, per un inaspettato e soprannaturale principio di osmosi, avverti sulla tua pelle e dentro di te tutto ciò che subisce il protagonista: ad un certo punto ti guardi la faccia per vedere se anche tu non hai gli stessi lividi di Alessandro Borghi, che qui interpreta magistralmente lo sfortunato Stefano Cucchi.

Questo film è un viaggio in apnea, in un vortice di violenza e, più grave, di asfissiante indifferenza. L’unico colore che riesci a percepire è il violaceo con striature gialle. E la luce fredda dei labirinti dello Stato lo rendono più vivido e accecante. Ad un certo punto del racconto gli occhi di Cucchi sembrano perdersi in quelle occhiaie penetranti e piene di lacrime. Lacrime che Cucchi non riesce a versare completamente, tenendosi dentro le paure e le angosce che sembrano essere le uniche cose a fargli compagnia in quei laceranti quanto interminabili sette giorni.

Il film è ben fatto. E ben scritto. Cremonini infatti prima di essere un regista è un attento e originale sceneggiatore. Alessandro Borghi ad un certo punto della narrazione sembra sparire a favore del personaggio Cucchi: anche la voce sembra quella di Stefano e non di Borghi. Stesso discorso per Jasmine Trinca, che presenta anche le piccole e dolci rughe della bocca che Ilaria Cucchi mostra e agita sin dai primi momenti della lunga battaglia che scaglierà contro i probabili assassini di suo fratello.

Insomma un film che deve essere visto sopportando anche, a volte, la cruda e angosciante narrazione necessaria per raccontare una storia del genere.

 

RIVISTO

FUGA DI MEZZANOTTE, di Alan Parker, (Midnight Express, USA-GB 1978, 121 min.).

A quarant’anni dall’uscita, questo intenso e oscuro film di un giovane Alan Parker sembra non essere mai invecchiato. Complici certamente la sceneggiatura firmata da un geniale Oliver Stone, la colonna sonora di uno pscichedelico Giorgio Moroder, i costumi della nostra Milena Canonero e un casting che ha saputo scovare la giusta faccia anche per i ruoli marginali: insomma un capolavoro.

La storia, scritta anni dopo dal vero protagonista Billy Hayes, gira attorno alla sfortunata vicenda di un turista americano, interpretato dall’intenso Brad Davis, che rientrando dalla Turchia con un po’ di hashish viene arrestato ed incarcerato. Ciò che sembra uno spiacevole incidente di percorso, si trasformerà presto in un viaggio infernale senza via di scampo. Realistica ed angosciante è la descrizione della realtà carceraria turca di quegli anni.

Quando uscì il film, gli occidentali si sentirono protetti dai loro sistemi carcerari: in realtà nessun carcere è sicuro. Solo trent’anni dopo, infatti, nella civilissima Roma, un ragazzo qualsiasi morirà nell’ospedale del carcere più grande d’Italia. A differenza di Bill Hayes, che scriverà appunto un libro sulla sua avventura, Stefano Cucchi, però, non avrà la stessa possibilità.

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