VISTO&RIVISTO Una preghiera laica dolcemente sussurrata

minchella wenders perfect days

di Andrea Minchella

VISTO

PERFECT DAYS, di Wim Wenders (Giappone- Germania 2023, 123 min.).

Un tributo al silenzio, alla solitudine e alla gioia per le piccole cose. Ma senza retorica. Un capolavoro senza tempo che cristallizza le sensazioni di chi come il protagonista del film di Wenders conduce una vita semplice senza sentirsene imbarazzato. La dignità e la serenità diventano in” Perfect Days” le colonne portanti di un racconto sussurrato pieno di dolcezza e poesia che non può piacere a tutti. Anzi, chi conduce una vita frenetica, e se ne fa un vanto, non può assistere alla proiezione di questo lavoro del regista tedesco. Questo è un film che dovrebbe essere vietato a chi non vuole capire che stiamo andando in una direzione sbagliata. “Perfect Days” dovrebbe essere vietato a chi usa la prepotenza come quotidiana moneta di scambio. Questo racconto si avvicina alle anime che stanno sempre un passo indietro, a quegli individui che sanno ancora guardare il cielo e ammirarne, per davvero, la gigantesca bellezza.

Wim Wenders si sposta in Giappone per realizzare un viaggio intimo e silenzioso nella vita di Hirayama, addetto meticoloso e puntuale alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo ed eroe senza tempo la cui esistenza scandisce con dolcezza ogni inquadratura, ogni sequenza, ogni frammento di una pellicola che diventa testimonianza preziosa della bellezza della vita. Lontano dai “clichè” e dalle banalità contemporanee, Wenders ritrova la sua magia in questo piccolo film che scardina violentemente i parametri del racconto classico restituendoci un’opera d’arte, da vedere e da ascoltare, che assume una forma inedita e onirica.

“Perfect Days”, grazie alla bravura sconfinata di Franz Lustig, è un insieme eterogeneo di luci, ombre, colori, spiragli, raggi di sole e immagini riflesse che insieme compongono l’anima complessa del protagonista. Percepiamo che Hirayama ha un segreto doloroso, ma non ci importa conoscerlo perché ci basta vederlo gioire intento nella sua didascalica quotidianità, apparentemente piatta, piena di attimi e momenti che nobilitano le sue azioni. Innaffiare piccole piante salvate dall’incuria, leggere dei tascabili fino a tarda sera, ascoltare musicassette con la musica di Lou Reed, Patti Smith, Van Morrison o Nina Simone e fare fotografie con una macchina fotografica analogica rendono il protagonista di “Perfect Days” un’icona universale di ciò che siamo stati in un mondo frenetico che divora ogni ricordo ed ogni individualità. Hirayama è un presidio poetico all’aberrazione dell’omologazione contemporanea. Hirayama è l’antidoto al declino morale della società in cui viviamo.

Ma Wenders fa di più. Il mondo non è tutto uguale. Nello specifico, il Giappone, ad esempio, elabora un interessante progetto architettonico, con la collaborazione di parecchi artisti contemporanei, e rinnova i bagni pubblici della città con l’iniziativa “The Tokyo Toilet” ridando la possibilità ai giapponesi e ai turisti di apprezzare il bello anche nel momento della pausa fisiologica. Sembra un dettaglio, ma ci dà il senso di un popolo e di come intende la comunità e gli spazi pubblici. Il Giappone, dunque, per Wim Wenders è un buon punto di partenza per ripensare il nostro tempo, i nostri spazi, il nostro modo di vivere il presente. Questa storia, che inizialmente doveva proprio essere un documentario sui bagni pubblici di Tokyo, si è trasformata presto in una vicenda che Wim Wenders ha sentito l’urgenza di raccontare. E così nel giro di 17 giorni “Perfect Days” è stato realizzato intrappolando per sempre dentro di sé il senso puro del messaggio di Wenders.

Il tempo è sospeso per quasi tutto il film. Hirayama, prima di uscire per andare a lavorare, prende le monete e le chiavi all’ingresso ma lascia il suo orologio. Nei giorni di festa, invece, prende anche l’orologio perché lo scandire del tempo diventa più prezioso e assoluto. Da questi particolari si percepisce l’ossessione sana di Wenders di imprimere sulla pellicola tracce di vita vissuta propedeutiche allo spettatore che da film come questi prende spunto per una riflessione sincera e profonda sul vero senso della vita. Magistrale.

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RIVISTO

FINO ALLA FINE DEL MONDO, di Wim Wenders (Bis ans Ende der Welt, Germania- Australia- Francia- Stati Uniti 1991, 158/179/288 min.).

Apocalittico ma immensamente poetico. Wenders, dopo il potente “Il Cielo Sopra Berlino”, indaga senza indugi l’umanità e i suoi difetti. La memoria e le immagini diventano il feticcio di una società che divora sé stessa verso un abisso il cui traguardo è l’estinzione dell’uomo. Ma siamo ancora in tempo per invertire una corsa verso gli inferi le cui conseguenze sono già evidenti.

Precursore dell’ossessione per il cambiamento climatico, Wenders realizza un’opera unica che ancora oggi risulta innovativa e all’avanguardia. Da rivedere.

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