VISTO&RIVISTO Una storia complessa raccontata in modo troppo semplice

minchella famiglia vincente

di Andrea Minchella

VISTO
UNA FAMIGLIA VINCENTE- KING RICHARD, di Reinaldo Marcus Green (King Richard, Stati Uniti 2021, 144 min.).
Ci risiamo. Lo sport raccontato al cinema è un’operazione pericolosissima, soprattutto se avviene “in quel” di Hollywood. Anche “King Richard” non fa eccezione. La vita di Venus e Serena Williams, i loro sacrifici, le loro sofferenze, le loro lacrime e il loro sudore, con l’aggravante della pressione razziale, vengono spazzate via da un racconto banale, didascalico e superficiale che Will Smith, il vero “re” dell’intera produzione, decide di intestarsi e di cucirsi addosso. Peccato. Perché le sorelle Williams sono state e sono un esempio potente ed universale di come la vita, seppur ingiusta e difficilissima, può regalare inaspettati e strepitosi momenti di soddisfazione e di realizzazione professionale e sociale.

Lo sport, nel caso delle tenniste sorelle, è stato un detonatore che ha fatto esplodere la capacità e la determinazione, quasi aliene, di due tra le tenniste più grandi di sempre. E proprio le loro lacrime, le loro grida, il loro sudore e le loro più profonde sofferenze se fossero state stigmatizzate con un registro meno retorico e da “favoletta” americana, avrebbero avuto un peso più determinante ed evocativo per la narrazione dell’intera vicenda. Ed invece Will Smith decide di spostare il riflettore solo sulla figura del padre, comunque tratteggiata in maniera poco definita, per poter regalarci un’interpretazione apparentemente convincente, in realtà molto più stereotipata di quanto non sembri. E così Venus e Serena, le vere protagoniste della storia, si ritrovano ad essere gregarie in un gioco in cui solo Richard Williams è il protagonista. E lo sport, il tennis giocato, rimane solo uno sfondo sbiadito su cui le vicende umane si dipanano e si intrecciano.

Ma se vuoi raccontare la vita delle sorelle Williams, devi intrecciare inevitabilmente le loro vite con il “vero” tennis, giocato fino allo stremo, e con l’analisi innovativa e determinante delle tecniche che le hanno rese “immortali”. Altrimenti il risultato è un mediocre film sulla rivincita, sulla forza di volontà che può realizzare qualsiasi desiderio. Nella terra delle opportunità, se non sei un bianco e vuoi gareggiare nello sport “più bianco” di tutti, non basta la determinazione o un padre molto rigoroso. C’è di più, molto di più. Ma se non si riesce a catturare tutto quello che è servito per emergere e per diventare una vera regina dello sport, anzi due, si rischia di confezionare un quadretto carino, patinato, ma che non trasforma la magia, il sacrificio e le ingiustizie subite in una lezione da impartire a tutte quelle persone che vorrebbero seguire un sogno ma hanno troppa paura per farlo.

Peccato. Venus e Serena hanno partecipato al film in qualità di produttori esecutivi, ma certamente la linea narrativa è stata decisa da Will Smith che ci mette anima e corpo nei progetti che decide di realizzare. Ma questo non è sempre un bene. Il giovane regista, forse troppo, non riesce a far emergere una linea narrativa personale ed originale. La storia segue una cronologia scontata e, seppur piena di personaggi e tappe importantissime delle vite delle due sportive, non riesce a coinvolgere come dovrebbe lo spettatore sempre pronto a meravigliarsi per le storie avvincenti di chi, dopo tante difficoltà, ce la fa. Come spesso accade in queste “biopic” la parte più interessante è certamente quella dei titoli di coda in cui le vere immagini delle sorelle Williams e del padre Richard ci danno l’idea chiara di quello che abbiamo visto nelle due ore precedenti. Molte scene ricreate dal regista vengono riproposte nella versione originale ed un pensiero mi squarcia la mente: meglio un bel documentario che un film mediocre.
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RIVISTO
THE PROGRAM, di Stephen Frears (Regno Unito- Francia 2015, 103 min.). Raccontare lo sport.

E’ così che si fa. Stephen Frears prende uno dei personaggi più controversi dello sport degli ultimi anni e ne racconta le lacrime, i dolori, le vene, il sangue, le bugie, le curve, le salite, i sospiri, le cadute e le fughe. Tutto in meno di due ore.

Al di là della truffa, costruita in maniera magistrale da Armstrong e dalla sua squadra, Frears ci racconta in maniera concitata e puntuale della vicenda umana di un uomo che si ammala quando era sulla vetta del successo, che guarisce e che decide di rivincere ad ogni costo. Frears non dà un giudizio morale ma filma e scava dento l’anima di un uomo che è disposto a tutto pur di continuare a sentire propria pelle il brivido della vittoria e di essere il numero uno al mondo. Il risultato è superlativo.

minchella famiglia vincente – MALPENSA24