Yemen, il conflitto dimenticato

centomila morti in sette anni

di Alessandro Belviso

Mentre gli occhi di tutti sono puntati sull’Ucraina e le possibili escalation in Kosovo e Taiwan, in Yemen dal 2015 si combatte una guerra civile che ha completamente distrutto il paese, il più povero dell’area araba fin dall’unificazione tra nord e sud nel 1990. Dopo una serie di scontri negli anni precedenti, il 26 marzo 2015 le forze della Coalizione Araba sunnita (sponsorizzate soprattutto dall’Arabia Saudita) hanno bombardato i territori degli Houthi, movimento sciita (sostenuto dall’Iran) al potere a Sana’a dal gennaio dello stesso anno, portando all’escalation. Il conflitto ha generato profonde divisioni tra le due confessioni principali dell’Islam, in un paese dove la convivenza è sempre stata pacifica. Gli attori coinvolti hanno attivato per scopi politici le contrapposizioni tra i cittadini per alimentare la guerra. Uno scontro che in 7 anni ha portato a 100 mila morti tra i civili, di cui 10 mila bambini, e quasi 4 milioni di profughi secondo le Nazioni Unite. Ben 20 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria. Nel 2019 l’ONU ha dichiarato che entrambe le parti hanno commesso crimini di guerra, tra cui l’addestramento di bambini soldato, uccisioni arbitrarie e torture. Non esistono più servizi ospedalieri, il paese sta vivendo la più grande epidemia di colera al mondo. Purtroppo lo Yemen non conosce da tempo la pace.

Il dissidio attuale nasce dalle difficoltà di gestione della transizione successiva alla caduta del regime di Saleh (dittatore in carica dal 1990) a favore di Hadi, avvenuta in seguito alle primavere arabe del 2011. Il neopresidente si è trovato ad affrontare diversi problemi, tra cui la fedeltà dell’esercito al predecessore, l’insicurezza alimentare diffusa e diversi attacchi jihadisti. La minoranza sciita guidata dagli Houthi, con l’appoggio di Teheran, ha approfittato delle incertezze politiche per annettere gradualmente il paese, occupando Sana’a, e costringendo Hadi a fuggire nel marzo 2015. Davanti a tutto questo, l’Arabia Saudita e altri 8 stati sunniti hanno iniziato una campagna di bombardamenti (con uno sbarco di truppe ad Aden) per riportare il presidente eletto al potere. La coalizione ha ricevuto l’aiuto di Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Gli scontri sarebbero dovuti durare poche settimane, ma dopo due mesi si è arrivati ad uno stallo che perdura da 7 anni.

Il blocco totale delle importazioni al paese nel 2017 da parte araba non ha velocizzato la soluzione del conflitto, portando invece alla fame milioni di yemeniti. Le forze sunnite controllano il Sud del paese. I ribelli houthi la parte nord-occidentale. Dopo gli accordi di Stoccolma nel dicembre 2018 per un cessate il fuoco nel porto di Hudaydah, i colloqui di pace hanno portato ad una tregua ufficiale lo scorso 3 aprile. Ad oggi l’intesa regge, anche se c’è diffidenza tra le parti e la soluzione definitiva è ancora lontana.