Accam, ultimo appello. Farioli: «Nessuna prospettiva senza il salvataggio»

BUSTO ARSIZIO – «La vera partita non è tra spegnimento e prosecuzione dell’inceneritore. Ma se vogliamo avere un ruolo nel controllo pubblico del sistema integrato dei rifiuti. Anche chi immagina impianti innovativi, sviluppo dell’economia circolare e attrazione di risorse del Next Generation EU, non può prescindere dal salvataggio e dalla ristrutturazione della società Accam». Nuovo appello di Gigi Farioli, ex sindaco di Busto e attuale assessore, per una soluzione in extremis che consenta la sopravvivenza di Accam.

L’appello

«Non buttiamo via mesi di lavoro con le nostre partecipate – l’invito all’indomani dell’assemblea che stava per sancire la fine della società – creiamo le condizioni, già da domani, perché si traduca in un piano di ristrutturazione incardinato secondo le regole delle crisi d’impresa, a tutela dei dipendenti, dei soci, della società stessa e delle aziende creditrici che impiegano personale del territorio, per fare in modo che questo progetto che tutti auspicano si traduca in realtà». Farioli suggerisce che sia la stessa Accam a chiamare attorno ad un tavolo Amga, Agesp, Cap Holding, i sindaci e tutti i soggetti interessati: «Non è il più il tempo di giochetti o di rimpalli di responsabilità o tantomeno che ci sia qualcun altro che risolva il problema per noi».

La vera partita

Un richiamo a 360 gradi, «all’indomani di una delle più drammatiche assemblee della storia, in cui siamo arrivati ad un millimetro dal decretare la fine della società», quello dell’ex sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli, che sta seguendo la partita di Accam al fianco dell’attuale primo cittadino Emanuele Antonelli e che non nasconde la sua «preoccupazione» per il rischio di una definitiva rottura. «Di fronte alle affermazioni non concludenti di molti e a quelle legittime, ma fuorvianti, che continuo a leggere, mi sento di dover richiamare a ciò che è veramente in gioco in questa partita, che non è tanto e solo la permanenza in vita di un impianto termovalorizzatore, quanto il garantire che nel prossimo futuro le realtà del territorio dell’Altomilanese e del Basso Varesotto, tra cui Busto Arsizio, possano avere un ruolo nel controllo del sistema integrato dei rifiuti, centrale e fondamentale nella filiera dell’ambiente e della produzione di energia e quindi anche nell’auspicata, declamata ed essenziale forma di economia circolare».

L’effetto collaterale

Il fallimento di Accam, infatti, comporterebbe, in base alla Legge Madia, l’impossibilità per 5 anni di promuovere nuove società attive nel settore del ciclo integrato dei rifiuti. L’impressione di Gigi Farioli è che «non ci sia consapevolezza, almeno nei comportamenti conseguenti, rispetto al vero rischio e prospettiva» che ha di fronte Accam. «Ormai solo poche ore e settimane, non si può andare oltre marzo – il monito dell’assessore di Busto – diversamente, mentre siamo impegnati in lunghe discussioni e rimpalli di responsabilità, si rischia che scoppi in mano una società nata negli anni ’60 per mettere insieme un territorio e guardare al rispetto dell’ambiente, della salute e del servizio pubblico e che si lasci il territorio senza prospettive future, in particolare Agesp all’indomani dell’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Spettatori passivi alla mercé di giochi non controllabili».

Le conseguenze

Un problema strategico che si accompagnerebbe alle «conseguenze di carattere economico, finanziario ed occupazionale di cui forse non tutti si rendono conto» e che toccano «centinaia di famiglie direttamente o indirettamente coinvolte, oltre alle decine di famiglie nell’ambito delle aziende creditrici». E il mantenimento in vita dell’impianto è oggi una necessità, se si vuole salvare Accam: «Anche chi immagina, sogna, vuole perseguire e promuovere un futuro che elimini completamente la combustione rifiuti, ammesso e non concesso che sia possibile, e chi prefigura impianti ad alta tecnologia, a freddo o altro, o l’attrazione di risorse nell’ambito dello sviluppo “green” e del Recovery plan, ha la necessità di passare dalla ristrutturazione e mantenimento in vita dell’esistente. Altrimenti è come progettare un grattacielo innovativo dal 30esimo piano in su senza avere le fondamenta e i primi piani».

«Nessuna ambizione senza il salvataggio»

Anche «le affermazioni di Legnano sulla necessità di rilancio strategico e cambio di passo, che mi sento di condividere perché abbiamo l’occasione per non cadere ancora una volta nella procrastinazione, non sarebbero praticabili e sarebbero solo velleitarie» senza una società in vita: «Non si può immaginare un futuro ambizioso prescindendo dal salvataggio di Accam. Rimarrebbe il rischio di una non governata fase di fallimento». In cui, oltre a non poter giocare un ruolo da protagonisti, potrebbe entrare in scena «soggetti che prescindono dal controllo pubblico». E Farioli chiarisce: «Non demonizzo il mercato, anzi fosse per me nel piano economico finanziario prevederei l’attrazione di risorse private che possano portare investimenti e gestione industriale dalla raccolta a smaltimento nell’ottica dell’economia circolare e dell’intersettorialità. Ma sempre mantenendo un controllo pubblico».

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