Aggressioni a medici e sanitari: riportare la polizia negli ospedali

di Stefano Ferracuti*

Le cronache post-pandemia ci hanno abituato a frequenti notizie di aggressioni ad operatori sanitari, specialmente nei pronto soccorso o in psichiatria, anche se in realtà quasi nessuna specialità risparmiata. Alcuni medici sono stati assassinati, la dottoressa Barbara Capovani a Pisa e il dottor Alaimo in Sicilia per citarne solo due, entrambi vittime di un sistema disfunzionale.

Stefano Ferracuti

E’ stata anche varata una legge, la 113/2020, a tutela degli operatori sanitari con addirittura un articolo del codice penale (il 583 quater cp) specifico per chi aggredisce gli operatori. Le legge lascia comunque alla vittima (di solito un infermiere) la tutela legale, con evidenti limitazioni per la difesa di parte civile delle vittime. Sono previste multe per chi oltraggia o ingiuria, ma non è specificato chi le eroga, il che apre difficili problemi di competenze. Il fenomeno è complesso e ha più cause. Da un lato dopo l’esaltazione salvifica degli operatori sanitari al tempo della pandemia la diffusione di teorie complottiste antivaccinali ha spostato una vasta fetta di opinione pubblica su posizioni estremamente critiche alle istanze della sanità pubblica, percepita come intrusiva e autoritaria.

Dall’altra le gravi mancanze del territorio sotto il profilo sanitario fanno sì che le persone si rivolgono agli ospedali per ragioni che, in un sistema funzionante, non dovrebbero essere ragione di accesso all’ospedale.

Le persone, tuttavia, non trovando risposte sul territorio vanno in ospedale luogo che comunque in qualche modo rappresenta il concetto di sanità. Non trovano le risposte che cercano e diventano aggressivi, vedendo gli operatori sanitari con gli stessi occhi con cui gli studenti del 68 vedevano la polizia: rappresentanti di uno Stato verso il quale si è risentiti e arrabbiati.

I pronto soccorso e i reparti di psichiatria sono particolarmente esposti per il tipo di utenza che viene a concentrarsi: persone in stato di intossicazione da tossici di diverso tipo, sostanze neanche facilmente identificabili, pazienti psichiatrici scompensati e intossicati, famiglie esasperate per la presenza di un familiare demente, con problemi medici, che non sanno come gestire e così via. Una effettiva tutela degli operatori sanitari, oltre a misure di buon senso come ripristinare i posti di polizia negli ospedali e incrementare le telecamere, dovrebbe prevedere una azione di riorganizzazione e potenziamento del territorio. Va anche ripensata la programmazione dei medici e incentivate le professioni sanitarie che costituiscono la vera anima della gestione dei pazienti sia in ospedale sia sul territorio. 

*professore Ordinario di Psicopatologia Forense
alla Sapienza Università di Roma;
Direttore Master II Livello in Criminologia Clinic
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