Medici di base e Covid: «Noi fondamentali per la gente. Non per le istituzioni»

ARCISATE – A due anni dall’arrivo del Covid in Italia la quotidianità dei medici di medicina generale continua ad essere frenetica e senza respiro. Il ruolo della medicina territoriale si sta dimostrando fondamentale in questa fase, dalle cure fino all’attività burocratica relativa a tamponi e quarantene. A fare un bilancio di questi due lunghissimi anni e della complessa situazione attuale è un medico di Arcisate, Roberto Zaffaroni. «Siamo un punto di riferimento, ma il nostro ruolo viene visto in modo confusionario dalle istituzioni».

L’avvento del Covid

Zaffaroni è medico di medicina generale da 12 anni e da 4 esercita in uno studio associato di medicina di gruppo ad Arcisate. Al suo fianco altri 3 medici di base e un pediatra di libera scelta, per un bacino totale di 7500 persone assistite. Ad inizio 2020 è cambiato tutto, con la prima ondata del Covid. «In quella fase – racconta – c’è stato un grosso sovraccarico negli ospedali, mentre nella medicina generale con il lockdown vedevamo pochissime persone e gestivamo perlopiù a livello di telemedicina la questione Covid perché erano inibiti gli accessi in ambulatorio». Dopo un’attività quasi normale nei mesi estivi lo spartiacque è stato l’autunno 2020. «Tra ottobre e dicembre è stata un’ondata terrificante: dovevamo gestire le cronicità e l’ambulatorio era aperto. All’attività clinica si è aggiunto il controllo dei positivi al Covid che in quel periodo erano molto sintomatici. Io sono arrivato ad avere 135 positivi sintomatici da seguire più tutta l’attività burocratica, dai giorni di malattia alla prenotazione dei tamponi».

Dalla campagna vaccinale a oggi

«Poi finalmente a inizio 2021 è arrivato il vaccino – continua Zaffaroni – e abbiamo dato un supporto aprendo l’hub vaccinale di Arcisate con la cooperativa Medici Insubria. Io ho dato la mia disponibilità fino ad agosto per somministrare le dosi e altri miei colleghi esercitano ancora». Quindi si arriva ai giorni nostri, con la quarta ondata che si è scatenata a fine 2021. Il boom di positivi sul territorio ha originato un aumento esponenziale dei contatti e delle richieste da parte degli assistiti con numeri da capogiro. «C’è una richiesta di aiuto dai pazienti che mai si era verificata nella storia della medicina territoriale. Ogni giorno riceviamo 220 chiamate al centralino e in più circa 80-90 chiamate a testa sul cellulare. Una situazione molto difficile da gestire perché l’attività clinica viene rallentata: oltre al Covid ci sono patologie croniche e pazienti che devono essere seguiti per altri problemi, per i quali abbiamo meno tempo da dedicare».

Roberto Zaffaroni

Mole di lavoro enorme

Per far fronte a questo aumento di richieste il dottor Zaffaroni e i suoi colleghi hanno ampliato l’orario di lavoro. «Dall’inizio dell’emergenza siamo attivi dalle 8 alle 20 dal lunedì al venerdì e siamo aperti anche il sabato. Le ore di ambulatorio che normalmente erano 4-5 al giorno più le attività extra come burocrazia e visite domiciliari ora sono diventate 13 ore di lavoro. Ormai da un paio d’anni arrivo in ambulatorio 3-4 ore prima dell’orario normale per smaltire le mail e le richieste telefoniche che arrivano, che complicano anche le normali visite. E se uno di noi è positivo gli altri devono sobbarcarsi anche il lavoro dei colleghi». Una situazione davvero complicata che ha anche delle conseguenze paradossali in termini di gestione economica. «La mole di lavoro è davvero enorme – osserva il medico – noi siamo liberi professionisti convenzionati e lavoriamo di più percependo lo stesso stipendio ma alla fine guadagniamo di meno perché dobbiamo pagare gli straordinari alle segretarie del nostro studio».

Punto di riferimento

L’auspicio di Zaffaroni è che le istituzioni si rendano conto di questa situazione e potenzino la posizione dei medici territoriali. «Il medico di medicina generale si è dimostrato un punto di riferimento per tutti i quesiti e le richieste di prima necessità di salute del paziente. Stamattina (lunedì 10 gennaio) ad esempio ho già avuto 5 telefonate da cittadini che hanno fatto il tampone molecolare il 6 gennaio e non hanno ancora avuto risposta da Ats. Dobbiamo gestire anche problematiche burocratiche che non dipendono da noi, ma il nostro è un ruolo che viene visto in modo confusionario dalle istituzioni. Ci dicono che siamo importanti ma non ci danno strumenti per cercare di migliorare il servizio. Noi facciamo quello che è in nostro potere ma le risorse economiche sono limitate: non abbiamo grossi margini per aumentare il servizio e gli investimenti per potenziare il centralino li abbiamo fatti di tasca nostra».

Vaccini e prospettive

In vista dei prossimi mesi il dottor Zaffaroni si augura un incremento della copertura vaccinale. «Ad Arcisate c’è stata una risposta buona, con l’82% dei vaccinati. Io su circa 1600 assistiti ne ho 130 non vaccinati e mi ritengo molto fortunato ad avere dei pazienti così coscienziosi. La speranza è che anche quei 130 si vaccinino nel corso del tempo perché i dati sono ormai assolutamente chiari. Nel momento in cui c’è una vaccinazione pressoché totale a quel punto non servono più nemmeno i tamponi. Per quello che vediamo l’espressione della patologia ora è simil-influenzale. Avere tutti vaccinati ci toglierebbe una grossa parte burocratica che non ha quasi più senso di esserci».