Giuseppe Bossi e Raffaello, apertura in streaming per la mostra a Palazzo Cicogna

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BUSTO ARSIZIO – Da oggi, venerdì 29 gennaio, a Palazzo Cicogna sono esposti per la prima volta gli inediti di Giuseppe Bossi, artista cultore di Raffaello nato a Busto Arsizio nel 1777; le opere, provenienti da collezioni private, s’intrecciano in un dialogo con quelle delle collezioni civiche e approfondiscono il tema della mostra milanese “Giuseppe Bossi e Raffaello al Castello Sforzesco”. La rassegna è stata inaugurata dalla vicesindaco e assessore alla Cultura Manuela Maffioli e dal curatore Silvio Mara, che hanno condotto una visita guidata trasmessa in diretta streaming dalla web tv Enzo Tortora.

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Busto e l’evento diffuso “Raffaello. Custodi del mito in Lombardia”

La mostra “Giuseppe Bossi e Raffaello – Opere dalle collezioni civiche e private”, aperta per ora solo in modalità virtuale, rappresenta il contributo bustocco all’evento diffuso “Raffaello. Custodi del mito in Lombardia”: a Palazzo Cicogna oltre agli inediti del pittore provenienti da collezioni private e le sue opere custodite dalle Civiche Raccolte, sono presenti anche oggetti a lui appartenuti e mai esposti prima d’ora.
«In attesa della riapertura dei musei, e di una inaugurazione più propriamente intesa, abbiamo deciso di cominciare a offrire allo sguardo del pubblico, pur in modo virtuale, le prestigiose opere che costituiscono questa esposizione», ha dichiarato Maffioli. «Un nucleo artistico di grande importanza e bellezza, collegato alla mostra allestita al Castello Sforzesco, in collaborazione con il quale nasce e sviluppa, e che, attraverso questa straordinaria partnership, offre a Busto una inedita e rara vetrina. Si tratta di un’operazione culturale resa possibile dalla sinergia con collezionisti privati che hanno prestato alcune delle opere esposte e con gli sponsor, senza il cui contributo difficilmente avremmo raggiunto un simile risultato: a loro, oltre che al curatore Silvio Mara, va la nostra gratitudine».

La formazione artistica e le rielaborazione dell’Urbinate

Le opere di proprietà privata in mostra sono tratte dalla collezione del bustocco Gian Carlo Carnaghi e da quella torinese degli eredi Bossi. Alcune sono state prestate da Il Bulino Antiche Stampe. La mostra vuole illuminare momenti biografici e della creazione artistica di Giuseppe Bossi che maggiormente risentono dell’influenza di Raffaello. Due aspetti sono privilegiati: la formazione artistica iniziale con la fondamentale permanenza a Roma e la rielaborazione matura di alcuni temi figurativi desunti dall’Urbinate. Giuseppe Bossi ha sempre attirato l’attenzione degli studiosi e dei collezionisti bustocchi, che fin da inizio Novecento hanno riconosciuto il pregio delle sue opere grafiche e pittoriche, salvandole dall’oblio e dalla dispersione. In attesa di poter riaprire il museo, sulla web tv della Città di Busto Arsizio,(https://www.bustolive.it/comunedibusto.html) è a disposizione il video di una visita guidata dalla vicesindaco e dal curatore Silvio Mara. La mostra, il cui termine era inizialmente previsto fino al 7 marzo, è prorogata al 2 maggio.

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La copia del Cenacolo di Leonardo

Di famiglia agiata, Giuseppe Bossi si formò in scuole d’eccellenza come il collegio San Bartolomeo dei padri Somaschi di Merate e il Collegio Reale di Monza. Frequentò l’Accademia di Brera per poco meno di un biennio e sul finire del 1795 decise che avrebbe completato a Roma la sua formazione a diretto contatto con i capolavori d’arte antica. Tornato a Milano diventò, giovanissimo, nel 1801, segretario dell’Accademia di Brera, che solo poco prima frequentava da studente. In questo ruolo fino al 1807 segnò profondamente con le sue riforme la vita di questa istituzione. Negli anni a venire, ritiratosi a vita privata ma con incombenze di rilievo pubblico, produsse una copia pittorica del Cenacolo di Leonardo e un volume assai apprezzato. Tentò di avviare una Scuola speciale di pittura, che tuttavia ebbe vita effimera, ma soprattutto accumulò una superlativa collezione d’arte (si ricorda almeno il Cristo morto di Mantegna) e una biblioteca ricchissima, entrambe disperse dopo la morte, nel 1815.

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