Causa virus i ristoratori sono… alla fame

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di Gian Franco Bottini
Lo stato di emergenza, su suggerimento dei virologi, è stato allungato a fine aprile; noi profani abbiamo il sentore che la cosa non sarà finita là. Non si tratta di essere pessimisti ma se mettiamo in fila i tempi per l’operazione vaccini, per i richiami e per quella che chiamano la terza ondata che, come tutte le ondate dovrà poi avere il tempo di ritirarsi, la previsione non è difficile.
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Gian Franco Bottini

C’è chi si preoccupa di dover girare mascherato ancor per molto tempo,  c’è chi si preoccupa che in piena emergenza si debbano affrontare elezioni di vario genere (ma un briciolo di buon senso basterebbe a risolvere una questione della quale la gente non sente proprio la necessità!), c’è chi invece si preoccupa che questo prolungamento dello stato di emergenza continui a venir gestito con burocratici provvedimenti generalizzati che, mentre si cerca di ammazzare il virus, fanno morire interi settori economici.

Potremmo parlare di turismo, di spettacolo, di cultura ed altro ancora; tutti settori che meritano attenzione, ma preferiamo concentrarci sui problemi della ristorazione che per entità di impiegati ma soprattutto per la sua influenza trainante su altri settori , mutatis mutandi, è equiparabile, come importanza, all’edilizia.
Al di là del grande impatto sull’occupazione, il fermo della ristorazione ha rilevanti ricadute su panificazione, allevamento, agricoltura, pesca, frutticoltura, pasticceria, viticoltura, acque minerali e bevande, e altro che ci siamo sicuramente scordati; non tralasciando i servizi connessi, in primis trasporti, lavanderie etc.
Un’altra ricaduta difficilmente quantificabile ma facilmente intuibile per chi vive e frequenta il mondo del lavoro, è il disagio procurato al personale lavorativo, di tutti i livelli, che malgrado le restrizioni è obbligato a muoversi e spostarsi onde assecondare l’attività di quei settori manifatturieri, commerciali e di servizi che fortunatamente riescono ancora a svolgere la propria attività. E’ oramai al limite della sopportazione il disagio di chi ( rappresentanti di commercio, promotori farmaceutici, tecnici di assistenza, avvocati per questioni processuali e chi più ne ha più ne metta) è da mesi costretto a trovare il ristoro di metà giornata sulle piazzuole degli autogrill, con detrimento della salute e della serenità, la qual cosa avrà nel futuro un costo economico che ricadrà sulla sanità pubblica.
Riteniamo probabile che molti esercizi siano oramai , come si suol dire, “alla canna del gas” e che, alla ricerca di soluzioni, si possano complicare ulteriormente la vita. Non ci pare fuori luogo ritenere che questa situazione possa fare un grande favore alla malavita! Sinceramente pensiamo che certe restrizioni debbano purtroppo essere accettate dai ristoratori. E’ realistico pensare che il fine settimana, con le riunioni familiari, amicali e associative possa essere fonte di contagi, in quanto spesso le situazioni sono difficilmente controllabili dai ristoratori stessi. Consentire però di lavorare nei giorni feriali e per i pranzi del mezzogiorno (pressoché totalmente di lavoro), con tutte le cautele che i ristoratori in larga massima hanno dimostrato di saper applicare (anche con rilevanti investimenti), ci pare una ipotesi accettabile e
che sarebbe di grande sollievo economico per i ristoratori e salutare per gli utenti.

Non sappiamo quanto Regioni e Comuni, come avviene per la sanità, possano intervenire in materia; rileviamo comunque che anche il Presidente della Regione esprime delle opinioni analoghe alle nostre, con la grande differenza che noi possiamo solo far chiacchiere mentre forse lui, se non volesse emularci, potrebbe fare qualcosa di più .

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