Alla fine l’America è sempre una, l’Italia non si sa

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di Gian Franco Bottini

Trump (con la sua bella polenta sulla testa) e Biden (con la sua faccia da buon democristiano), in virtù di quella pandemia che ci sta facendo sfondare i divani di casa, hanno recentemente riempito il nostro tempo e i nostri teleschermi, certamente più di quanto in passato succedeva in situazioni analoghe. Alla resa dei conti si può senz’altro dire che l’indiscusso capocomico della cruenta battaglia elettorale americana è stato Trump, che ha fatto e disfatto la tela come Penelope. Con le sue guasconate, contraddizioni, minacce e bugie ha perso molto di quel consenso, anche della sua parte, che lui si sentiva già in tasca .

Biden ha furbescamente accettato il ruolo di spalla, con l’accortezza di restare sereno, fingere di subire e, porgendo l’altra guancia, raccogliere quello che, graziosamente, lo sconclusionato avversario gli stava lasciando nel piatto.

Pensiamo che il “Capitano” di casa nostra abbia capito, purtroppo un po’ tardi, quanto a suo tempo sia stata sbagliata la sua scelta del modello da imitare!

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Gian Franco Bottini

Abbiamo ancora una volta potuto verificare quanto basica e diversa dalla nostra sia la politica americana; la potremmo definire “binaria”, fatta di on e di off, di destra e di sinistra, di repubblicani e democratici, dei bianchi e degli altri, e via dicendo. Per noi, abituati a scenari elettorali con cento protagonisti e altrettanti simboli di partito, è inevitabile restar sorpresi dalle “diversità” che si riscontrano . Pare una semplice curiosità, ma la rappresentazione plastica di questa diversità la si comincia già a vedere nel fatto che la sinistra americana ha come colore identificativo l’azzurro e la destra il rosso; esattamente Il contrario di quanto avviene nel resto del mondo, Italia compresa.

Abbiamo anche sentito pesanti accuse di falsi e di brogli elettorali, quasi si trattasse non della più grande democrazia del mondo ma di una “repubblica delle banane” sudamericana e abbiamo visto, con un’apprensione il cui livello non ci pareva parimenti condiviso dai canali televisivi, piazze dove le armi venivano brandite come ai tempi di Pancho Villa.

Nel corso della campagna elettorale si è evidenziata senza falsi pudori quella che possiamo chiamare la “videocrazia del Quinto Potere”, rappresentata dai potenti canali televisivi nettamente schierati, senza infingimenti, chi per l’uno e chi per l’altro dei candidati. Una cosa del tutto diversa da ciò che succede dalle nostre parti dove spesso tutto avviene attraverso arzigogolati messaggi subliminali atti a convincere chi abbocca ma a non scontentare completamente gli elettori dell’altra parte.

E sempre a proposito di differenze, la più eclatante di esse l’abbiamo percepita nel momento in cui su una rete televisiva, fino a quel momento chiara sostenitrice nella campagna di Trump, il portavoce dello stesso mentre comunicava in diretta un messaggio del Presidente, contenente denunce di brogli e infamità, veniva improvvisamente interrotto ed oscurato dal giornalista che dichiarava l’inesistenza di una provata veridicità delle notizie, anzi una notevole somiglianza con delle volgari “fake news” Sull’episodio, a parte le escandescenze di Trump in piena trans da frustrazione, non abbiamo poi trovato traccia di particolari reazioni nell’opinione pubblica.

Vi immaginate, in casa nostra, la faccia del buon Mattarella cacciato fuori dalla Lilli Gruber di turno durante il messaggio di fine anno e con le medesime motivazioni; o addirittura quelle di Salvini,De  Maio, Zingaretti o la Meloni oscurati proditoriamente: cosa che avverrebbe un giorno si e l’ altro ancora data la loro risaputa attitudine a comunicare “con fantasia”?

Vista quest’ultima campagna elettorale l’impressione potrebbe essere quella di una America piena di preoccupanti eccessi e contraddizioni ma la storia ci consiglia di vederla invece come una democrazia dove l’alternanza di potere è tradizione accettata, dove si governa anche con le due camere a maggioranza contrapposta perché, come diceva un americanista di fama “ l’America è sempre una, quando ha di fronte la bandiera, la Carta Costituzionale e la tradizione.

Se ciò fosse vero, beati loro che hanno la capacità di fissarsi una “dead line” per non finire nel burrone . Da noi , pur maestri del compromesso, fra le parti politiche non risulta difficile solo l’unità ma persino la semplice condivisione, anche se si è di fronte ad un virus che ci sta letteralmente massacrando. Da capire a quel punto chi sono i “normali” e chi i “diversi”!

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