Busto, il liberty sacrificato e le pietre d’inciampo della piazza

busto bottini liberty
Le "pietre d'inciampo" di piazza Vittorio Emanuele a Busto Arsizio

di Gian Franco Bottini

Alla fine degli anni ‘70 dello scorso secolo, con una amministrazione comunale di larghe intese, si procedette a Busto Arsizio allo smantellamento della costruzione probabilmente più prestigiosa e appariscente della città: quella che ancor oggi viene ricordata come “la villa Gabardi”. I lontani ricordi di alcuni e le tante foto dell’epoca ce la presentano come un imponente edificio neoclassico, con una storia recente ma con una dignità di tutto rispetto.

Fu sostituita da un altrettanto dignitoso condominio che, riferiscono voci dell’epoca, fu molto personalmente apprezzato da molti degli amministratori che avevano appoggiato l’operazione. Erano tempi in cui si badava a “far soldi” costruendo a spron battuto e, di fronte alle rimostranze di chi si lamentava, gli amministratori pare si difendessero con la scusante che la villa non aveva la sufficiente anzianità  per usufruire di una protezione culturale che potesse impedire una iniziativa privata. Peccato che lo stesso scempio fosse stato perpetrato pochi anni prima anche a spese del  prestigioso  liberty di Piazza Garibaldi, che di anni ne aveva  parecchi!

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Gian Franco Bottini

Su argomenti di questo genere l’appellarsi alle regole suona sempre come una facile scusante, ben sapendo che l’obbligo e le possibilità di una amministrazione di difendere certe realtà di prestigio risiedono solo nella volontà di volerlo fare! Lo si fece per esempio quando si motivò la discussa acquisizione dell’ex Calzaturificio Borri come protezione di un simbolo della nostra storia industriale; non lo si fa oggi quando si pensa di inserire il recupero dello stesso in un contesto dequalificante, motivato solo dall’acquisizione di ipotetici finanziamenti facili.

E non lo si fa nemmeno quando, a cuor leggero e senza alcuna riflessione culturale,  si sacrificano pilatescamente nel centro cittadino, dei lampioni “firmati”, sostituendoli  con prodotti dozzinali ma “a norma”(la magica formula per “lavarsi le mani” di fronte a un problema!)

Questo per dire che la disattenzione (qualcuno la chiama grettezza) agli aspetti culturali a favore di quelli “pratici” (qualcuno li chiama economici), nella nostra città di Busto ha radice lontane ma ancor ben attive.

Si dice spesso che le nostre città “non hanno una storia” (Legnano se ne è creata una, forse scippandola a Busto!) ma è certo che se non abbiamo a cuore la difesa  nemmeno di  quella più recente, allora son “acqua fresca” gli slogan (“il bello di vivere a Busto”) o l’ammassarsi delle  tante volonterose iniziative “culturali”, se avessero lo scopo di cambiare , nelle nuove generazioni, una mentalità che appare incistata.

Conveniamo che , nell’epoca dei social, l’operazione presenta un alto grado di difficoltà. Difficile un cambio di mentalità se, come  pare,  le nuove generazioni  danno oggi molto credito, quasi si affidano, a degli improbabili “influencer” e se uno fra i pù seguiti, tale Fedez, di fronte ad una domanda sulla figura di Strehler, dimostra una tale inconsistenza culturale  da permettersi  uno prezzante:  “Strehler?ma chi ca..o è?”

Per non parlare poi di una piazza fra le più storiche di Busto, ( a suo tempo chiamata rispettosamente “la piazza del Conte” e oggi declassata ad un appellativo certamente più goliardico), inaugurata circa 5 anni fa, con grande sfarzo, per quella che doveva essere la sua nuova vita e che a tutt’oggi rappresenta un insieme di pietre sconnesse, fontane esauste e discutibili frequentazioni serali.

Da qualche settimana in quel di Gallarate si è sviluppata una querelle intorno alla posa di “pietre d’inciampo”. La “pietra d’inciampo” nasce in Germania alla fine dello scorso secolo e consta sostanzialmente di  una piccola targa di ottone apposta sul manto stradale fronteggiante l’abitazione di un cittadino  a suo tempo deportato nei “campi” nazisti di triste memoria .

Abbiamo voluto fornire questo chiarimento sicuramente per lodare l’iniziativa gallaratese ma anche per timidamente riproporla, se del caso,  nella nostra città.. Abbiamo detto “se del caso”, perché sinceramente temiamo che  parlando  di pietre di  inciampo, in quel di Busto,  si possa essere irosamente fraintesi,“grazie ma con le pietre d’inciampo  siamo già a posto”, con riferimento agli innumerevoli dissestati  sampietrini che rappresentano un rischio latente per l’incauto pedone che osasse attraversare “la piazza del Conte”. Confessiamo che ci resteremmo proprio male!

busto bottini liberty – MALPENSA24