Il sindaco, le Coop, la Giustizia, il voto (in)consapevole dei cittadini

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La riforma della Giustizia non è più rinviabile. Più o meno, ne siamo tutti consapevoli, e non da oggi visti i numerosi e fallimentari tentativi di mettervi mano nel corso degli anni. Ora ci prova la Lega che, coi Radicali, lancia sei referendum, per i quali è stata avviata la campagna di raccolta firme. Nel merito, i sei quesiti che si vogliono portare in cabina elettorale sono sul tema della riforma del Csm, responsabilità diretta dei magistrati, equa valutazione dei magistrati, separazione delle carriere, limiti agli abusi della custodia cautelare e abolizione del decreto Severino. Matteo Salvini l’ha definita “una pacifica rivoluzione”. Di più: “La firma delle sei consultazioni potrà fare dopo 30 anni quello che non hanno fatto né la politica né il Parlamento. Noi sosteniamo le riforme di Draghi e Cartabia, ma i cittadini potranno dare una bella spinta”.

Tutto vero, da sottoscrivere. Benché la questione Giustizia sia molto più ampia e interessi aspetti soltanto all’apparenza meno importanti. Un esempio arriva proprio da Busto Arsizio, con la causa civile tra il Comune e le Coop. Una faccenda che se non avesse in ballo una richiesta milionaria di presunti danni sarebbe da ‘oggi le comiche’. In estrema sintesi: il sindaco Emanuele Antonelli, con l’asserito contributo dell’allora vice sindaco Isabella Tovaglieri e di alcuni dirigenti municipali, avrebbe brigato per ritardare l’apertura del supermercato di viale Duca D’Aosta. Il motivo? Non è mai stato chiarito, sempre che le accuse trovino fondamento di verità. Sul versante penale, cancellato il reato di abuso d’ufficio, il primo cittadino se l’è cavata alla grande.

Sotto il profilo civile si va avanti da alcuni anni, oramai. Un primo giudice, incaricato di dirimere il contenzioso, si è chiamato fuori per l’amicizia che lo lega al sindaco. Corretto. La sua dichiarazione di incompatibilità è però arrivata una manciata di giorni dalla prima udienza. Mesi persi senza che accadesse nulla, se non la sostituzione di un secondo giudice. Dopo altri intoppi e lungaggini, finalmente avviate le procedure, sentiti testimoni, strutturato il fascicolo processuale si è arrivati all’altro ieri con l’ordinanza del dottor Angelo Farina che “ritenuta la causa matura per la decisione, fissa per le precisazione delle conclusioni l’udienza del 24 marzo 2022”. Traduzione: sono nelle condizioni di emettere la sentenza, ma tra nove mesi o giù di lì. Tempi della giustizia civile, si dirà.

Nel frattempo però ci saranno le elezioni amministrative. Antonelli si ripresenta alle urne, com’è suo diritto. Il problema riguarda invece gli elettori, impossibilitati ad esprimere un voto consapevole: il sindaco si è adoperato per penalizzare la Coop, peraltro in possesso di regolari permessi di costruzione, o l’intera storia è frutto di una vergognosa invenzione? D’accordo, la modifica della norma esclude il reato penale, ma una sentenza civile sfavorevole a Palazzo Gilardoni implicherebbe comunque aspetti etici e comportamentali inaccettabili per un qualsiasi pubblico ufficiale, per di più un sindaco.

Sentiamo già le giustificazioni tecniche degli addetti ai lavori, a cominciare dal fatto che ai giudici non devono interessare le implicazioni politiche. Può essere, ma in un Paese civile certe situazioni non sono nemmeno ipotizzabili. Qui da noi, quando non sono i magistrati a sbagliare (e di errori giudiziari che riguardano i pubblici amministratori se ne contano a decine) si fa di tutto per tirare in là, spesso per dissimulare, intorbidire le acque, confondere. Ignorato l’istituto delle dimissioni, nessuno è colpevole fino a prova contraria, tutti – a cominciare dai giudici – hanno però il dovere di aiutare la gente a capire. Tanto per non avallare la sgradevolissime sensazione di essere presi in giro.

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