Maltrattati 17 minori in casa-famiglia. Dal tribunale di Busto condanne fino a 3 anni

BUSTO ARSIZIO – Maltrattavano 17 minori: patteggiano i gestori di una casa famiglia – padre, madre e figlio – con pene che vanno dai due ai tre anni. Un misura arrivata a conclusione delle indagini condotte dalla Polizia di Stato di Varese e coordinate dal pubblico ministero di Arsizio Susanna Molteni. I condannati sono stati riconosciuti colpevoli, a seguito della sentenza di applicazione pena, dei reati di maltrattamenti in famiglia continuati e pluriaggravati, in quanto commessi ai danni dei minori ospiti della comunità. Una delle quali, affetta da disabilità

I maltrattamenti

L’attività investigativa effettuata dagli agenti della squadra mobile ha avuto origine dalla segnalazione di alcune anomalie da parte di soggetti che frequentato la casa-famiglia per lavoro e per volontariato. Poi confermate. Le parti offese sono 17: tutti minori che negli anni erano stati collocati nella struttura a causa di situazioni familiari complicate. Al momento dell’accesso da parte degli inquirenti i minori presenti erano quattro. Lì avrebbero subito maltrattamenti psicologici e fisici, e sarebbero stati offesi nel decoro e nella dignità. Oltre che lasciati in stato di sofferenza morale e psichica da parte dei gestori. In particolare sono stati costretti a condizioni di vita penose, vivendo in un locale seminterrato non adeguatamente riscaldato e privo di luce naturale. Inoltre mangiavano anche cibo scaduto o scarti dei pasti dei gestori della casa-famiglia ed erano obbligati a pulire pure le zone della casa dove vivevano i gestori della struttura, compresi i bagni, con la possibilità di usare acqua calda per lavarsi solo per pochi minuti. E ancora: minacciati e percossi se non si rispettavano i voleri dei tre gestori, mortificati e insultati nei confronti dei componenti delle famiglie di origine.

Le misure dello scorso anno

I tre gestori, nel maggio del 2022, sono stati destinatari – su richiesta dalla procura di Busto e per decisione del Gip – della misura cautelare personale di divieto di avvicinamento alle persone offese e della misura cautelare interdittiva. Che impediva loro di svolgere ancora quel tipo di servizio pubblico. In particolare era stata prevista la sospensione dell’esercizio del pubblico servizio di gestore della comunità familiare oggetto dell’indagine, oltre che la “figura genitoriale di riferimento per i minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo ivi collocati”. Così come il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per il collocamento – da parte dei servizi sociali – di minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo in una comunità familiare. Fino al divieto di svolgere attività educativa, anche in forma privatistica, attraverso attività professionali come educatore all’interno di comunità familiari e quelle da baby-sitter. Ma anche quelle imprenditoriali o di lavoro autonomo connesse alla gestione di luoghi destinati al collocamento – sempre da parte dei servizi sociali – di minori e giovani anche in regime di prosieguo amministrativo.

I patteggiamenti

All’atto dell’esecuzione della misura cautelare, i minori in quel momento in carico alla comunità familiare sono stati affidati ai rispettivi servizi sociali per essere collocati in strutture idonee. Nei giorni scorsi, il Tribunale di Busto ha emesso la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, condannando gli imputati. Al padre, due anni di reclusione con pena sospesa. Alla madre, due anni e sei mesi di reclusione convertiti in lavori di pubblica utilità. Al figlio, tre anni di reclusione convertiti in lavori di pubblica utilità. La casa-famiglia è stata definitivamente chiusa.    

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