Busto, raggiro milionario. Le difese: «Vanno assolti». Fera esce dal carcere

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Nella foto l'avvocato Corrado Viazzo

BUSTO ARSIZIO – Raggiro milionario a Busto: scarcerato Gioacchino Fera, 53 anni, infermiere di Varese. Dei tre imputati nel processo per una presunta circonvenzione di incapace ai danni di due ultracinquantenni ricche e fragili, uno di Busto, l’altra di Induno Olona, il 53enne era rimasto il solo ad essere ancora detenuto in carcere.

Fera ai domiciliari

Oggi, lunedì 11 marzo, il giudice Daniela Frattini ha disposto a carico dell’infermiere i domiciliari in una località vicino a Salerno. Il provvedimento arriva ad una settimana dalla sentenza: lunedì 18 marzo, infatti, il tribunale di Busto si pronuncerà sulla vicenda. Che, oltre a Fera, vede alla sbarra Andrea Luraschi, 34 anni, architetto di Venegono Superiore, e Giuseppe Santuccione, residente a Cepagatti in provincia di Pescara, operaio. Secondo l’accusa, che ha chiesto condanne tra i 4 anni e 6 mesi e i 2 anni, i tre avrebbero manipolato le due donne spogliandole, complessivamente, di circa 2 milioni di euro.

Nessun deficit, sono lucide

Accusa sempre rigettata dagli imputati. E oggi, davanti al giudice Frattini, ha parlato l’avvocato Corrado Viazzo, difensore proprio di fera, ultimo tra i legali a discutere per il proprio assistito. Viazzo ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito o, in subordine, il minimo della pena. «Anche se – ha detto in aula – Qui manca l’elemento fondamentale affinché si concretizzi il reato di circonvenzione di incapace. Manca infatti la prova dell’incapacità delle due presunte vittime. Manca addirittura la prova che queste potessero avere un deficit diventando così suscettibili di essere manipolate». Incalza il legale: «Non vi è alcuna perizia che attesti questo fatto. Una delle due parti offese ha lavorato come responsabile di una farmacia sino al 2013-2014; i reati contestati risalgono al 2016. La signora è stata in cura ma non c’è stata alcuna segnalazione di incapacità da parte degli psichiatri. Di più: il suo conto corrente era cointestato con la madre. Le decisioni economiche erano dunque condivise ma alla madre non si contesta alcuna incapacità».

Nessuna perizia

Lo stesso vale per la vendita di un immobile a Busto Arsizio per un valore di 300mila euro. «Mi pare di capire che l’accusa sia quella di aver venduto a uno degli imputati l’immobile per una cifra sottostimata – ha proseguito Viazzo – Ma anche qui la parte offesa non ha fatto eseguire una perizia, la vendita ha inoltre coinvolto anche la madre della presunta vittima e il fratello. Si è andati davanti a un notaio: non c’è stato alcun appunto. E concludo dicendo che, altro che incapacità, raramente ha sentito testimonianze così lucide e precise come quelle rilasciate dalle parti civili in quest’aula». Lunedì la sentenza.

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