Busto, ristoranti chiusi ad agosto. Gino Savino: “Pessima abitudine, va cambiata”

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Gino Savino, titolare della pizzeria Capri di Busto Arsizio

BUSTO ARSIZIO – Un problema che si ripete ogni estate, nel periodo ferragostano: a Busto Arsizio, ristoranti e bar chiusi in massa, o quasi. Conseguenze? Disagi per i tanti cittadini che non sono in vacanza. “Soprattutto in questi ultimi anni, con la città che non si svuota, che non va in vacanza e chiede di riempire il vuoto d’agosto con servizi e momenti di svago” sottolinea Gino Savino, titolare della pizzera Capri ai Cinque Ponti, nonché fiduciario per conto di Ascom dei ristoratori.

Commento da addetto ai lavori, il suo. Che suona come un appello ai colleghi affinché programmino la chiusura dei loro locali durante tutto l’arco dei mesi estivi, così da non lasciare Busto scoperta rispetto alle possibilità di trovare un ristorante o, più semplicemente, un bar. “Purtroppo si tratta di una brutta abitudine consolidata nel tempo – afferma Savino – fin dagli anni Sessanta, quando gli usi e le necessità erano diverse da oggi. Da allora non è cambiato nulla, anzi, lo scenario delle chiusure estive è peggiorato”.

Il noto ristoratore parla a ragion veduta perché, ricordando i suoi genitori, Antonietta e Agostino Savino, che hanno gestito il locale sin dagli inizi, la Capri è sempre rimasta aperta ad agosto, sopperendo così alle “assenze” per ferie degli altri locali. “Ma oggi il contesto è diverso – incalza Savino – non ci sono più gli esodi ferragostani di una volta, c’è bisogno di programmare le chiusure, quanto meno di un tacito accordo fra i gestori degli esercizi, magari con l’intervento e l’avallo della mia associazione di categoria e del Comune, con lo scopo di fornire un servizio continuativo e professionale anche d’estate. Altrimenti il rischio è che i pochi ristoranti in attività vengano presi d’assalto, al punto che non si riesca ad accontentare tutti e un servizio finisca per diventare un disservizio”.

Discorso che tocca un nervo scoperto della Busto dei nostri giorni, che riguarda appunto la desertificazione della città rispetto a iniziative di qualunque genere. Così che persino la ristorazione chiuda i battenti, vanificando le aspettative degli stessi clienti e dei pochi turisti di passaggio (ricordiamo Malpensa) o che intendono visitarla. Con un’altra conseguenza per i gestori dei locali: la perdita di incassi che, dato l’attuale quadro di riferimento, potrebbero essere assicurati e, a conti fatti, più cospicui rispetto agli altri mesi dell’anno. Ma questa è un’altra storia.

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