La stagione francese di Baby Mozzato: “Buona la prima, ma ora voglio vincere”

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Subito davanti a lottare per la vittoria e rinnovo fino al 2022 guadagnato: Luca Mozzato ha avuto il merito di far prendere una piega positiva, almeno per lui, a questo anno scriteriato. Con la B&B Hotels (il secondo sponsor Vital Concept non ci sarà più nel 2021) il 22enne di Sarego (Vicenza) è sembrato attutire nel migliore dei modi il mai facile salto da under 23 al professionismo. Sei piazzamenti in Top 10 e un secondo posto di tappa al Tour du Poitou-Charentes che grida ancora vendetta, visto che Mozzato aveva vinto la volata del gruppo, anticipato però di una manciata di secondi dal fuggitivo Sander Armée. Insomma, mica male come primo anno tra i grandi. In mezzo ai transalpini, Mozzato sta tenendo alta la bandiera italiana.

Come esordio tra i professionisti poteva andare decisamente peggio.
«Sicuramente un buon primo anno, ma non ho ancora fatto nulla. Sono riuscito a mettermi in mostra in qualche corsa, ma ho visto che mi manca ancora qualcosa nelle corse più importanti. Ovviamente però non è scontato lottare subito per le prime posizioni nell’anno d’esordio tra i professionisti; questo mi dà la conferma del fatto che ho lavorato bene, sia prima che dopo il lockdown, e l’ambientamento con la squadra è stato ottimale».

In più, lo stop forzato ha reso, purtroppo, quest’anno ancora più indimenticabile.
«Sì, è stata una scommessa un po’ per tutti. Con quattro mesi di stop non sapevamo a cosa andassimo incontro, ma personalmente penso di aver fatto le cose per bene, visto che tanti piazzamenti sono arrivati ad agosto/settembre».

Il momento in cui hai detto “sono proprio soddisfatto di quello che sto facendo”?
«Al 100% non sono mai stato soddisfatto, ed è normale sia così se vai vicino alla vittoria ma non la ottieni. Mi sarebbe piaciuto vincere subito, lo ammetto, ma per ora posso accontentarmi di quanto sono riuscito a fare. Per 20-30 giorni mi sono sentito davvero efficace e questo mi dà molta fiducia».

In Francia sembrano esserci tante corse adatte a te.
«La scelta che ho fatto l’anno scorso di venire qui non è stata casuale. Il calendario francese offre tante opportunità per un corridore con le mie caratteristiche, quello italiano, invece, molte meno, perché o il livello è troppo alto oppure i percorsi troppo complicati. In Francia ci sono tante corse per velocisti resistenti come me, in cui c’è da limare e conquistarsi lo sprint. Ne ho avuto la conferma e sono sempre più convinto della mia scelta».

È possibile che un giovane italiano abbia meno pressione correndo in Francia piuttosto che in Italia?
«La squadra ha deciso di intraprendere questo percorso con me, di farmi crescere gradualmente, alternando corse prestigiose ad altre minori in cui posso maggiormente mettermi in mostra, con la speranza di essere sempre più competitivo, ma senza mettermi alcun tipo di pressione. La pressione me la metto da solo, perché so che se faccio le cose al massimo della mia potenzialità poi i risultati sono una logica conseguenza. In Italia non so come funziona non avendoci mai corso, ma può essere che se da dilettante sei andato molto forte poi una volta che sei professionista hai qualche attenzione in più rispetto a noi corridori che siamo in Professional straniere. Però non ne ho la certezza, non avendolo provato sulla mia pelle…».

Con la B&B Hotels, comunque, la sintonia sembra esserci.
«Sì, il feeling è cresciuto con il passare delle settimane. Penso che sia necessario mettersi in gioco: sono arrivato che di francese non sapevo praticamente nulla, ma non mi sono fatto spaventare e, con uno strafalcione dietro l’altro, ho cominciato a dialogare un po’ coi miei compagni e riuscivo già a capire quello che si diceva nei vari meeting. Tutt’ora il mio francese non è niente di che, ma riesco ad esprimermi e capire, faccio gruppo e non rimango isolato».

Hai legato con qualcuno in particolare?
«Ho legato soprattutto con il gruppo belga, perché all’inizio mi esprimevo solo in inglese e con loro mi capivo meglio. Mi hanno fatto un po’ da chioccia, anche in corsa, visto che le corse del nord le conoscono alla perfezione».

Adesso arriva Nicola Bagioli a rafforzare la pattuglia italiana.
«Esatto, hanno preso un italiano per farmi compagnia. In realtà non lo conosco molto bene, perché quando sono passato under 23 lui era neoprofessionista. Ci siamo sentiti e abbiamo avuto modo di scambiare qualche parola, ma sicuramente nei prossimi mesi, soprattutto a gennaio con il primo ritiro, avremo tempo per conoscerci meglio».

Hai anche esordito in grandi corse come Gent-Wevelgem e Giro delle Fiandre. Traumatico?
«Abbastanza. Sono gare che corri al limite per 200 km e se commetti qualche errore nel posizionamento, nella gestione dell’energia o altro, come io ho fatto, finisci la benzina prima del tempo. È stato un battesimo complicato con queste corse, ma sinceramente non vedo l’ora di tornarci per provare a migliorarmi».

Se non sbaglio, è proprio lì che vorresti provare ad emergere.
«Esatto, sono le gare dei miei sogni. C’è tanto lavoro da fare, ma sicuramente ho dei margini di miglioramento. Non so se sarò mai competitivo, mi applicherò per scoprirlo».

Nel 2021 cambierà qualcosa per te?
«Il grande obiettivo sarà la prima vittoria da professionista. Nel complesso credo che avrò un ruolo simile a quello avuto quest’anno, con libertà di andare a caccia di un successo nelle corse minori e a disposizione della squadra nelle corse un po’ più importanti».

Comincia a fare piuttosto freddo. Com’è il tuo rapporto con le basse temperature?
«Qui a Sarego ha pure nevicato nei giorni scorsi, quindi è inevitabile stare a casa. In un periodo normale sarei probabilmente andato in Spagna, a Calpe, per prepararmi a temperature più miti. Qui se esco il rischio di ammalarsi è alto, oltre al fatto che tra traffico e nebbia non giri mai del tutto tranquillo, quindi meglio farsi due settimane in più lontano da casa ma allenarsi come si deve. Per ora mi accontento dei rulli, non mi piacciono ma mi toccano».

Articolo a cura della redazione di Tuttobiciweb

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