Claudio Cozzi e la nuova sfida con il Tudor Team

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Claudio Cozzi, direttore sportivo del Tudor Team

L’avevamo lasciato un mese e mezzo fa in procinto di decidere in via definitiva il proprio futuro dopo un biennio in Israel. Lo ritroviamo oggi, al lavoro per preparare le prime gare stagionali, ripartendo da una neo-Professional di grandi ambizioni come l’elvetica Tudor Pro Cycling Team.

Lui è il 56enne Claudio Cozzi, storico direttore sportivo di Tinkoff e Katusha, uno che ha guidato dall’ammiraglia Pippo Pozzato e Purito Rodriguez, Alexander Kristoff e Ilnur Zakarin. Fino al forte legame stretto con Alessandro De Marchi. La squadra ha già fatto il debutto stagionale tra Marseillaise e Besseges, Cozzi esordirà nella parte centrale di febbraio tra Murcia e Algarve. Nel frattempo, gli abbiamo rivolto qualche domanda su questa nuova avventura.

Claudio, ci spieghi il passaggio da Israel a Tudor?
«Tutto nasce da un problema di salute che ho avuto in autunno: in seguito al morso di un cane, ho dovuto sostenere delle cure antibiotiche che mi hanno indotto a prendermi una pausa. A ottobre ho detto per correttezza e rispetto a Kjell Carlstrom, team manager della Israel Premier Tech, che se voleva poteva cercare qualcun altro: non volevo essere così egoista da chiedergli di tenermi il posto, quando non ero ancora sicuro di quando sarei tornato operativo. Nel mentre sono stato contattato da Ricardo Scheidecker, Head of Sports della Tudor: da lì le cose si sono sviluppate nella giusta direzione e quando, poco prima di Natale, mi sono completamente ristabilito ho preso la decisione di firmare per loro. Ringrazio la Israel per i due anni in cui mi sono trovato molto bene.»

Anche se fossi rimasto nella formazione di Sylvan Adams saresti sceso di categoria, tuttavia con qualche wild card “pesante” in più…
«Però anche in Tudor abbiamo un calendario mica male: corse World Tour come UAE Tour, Giro di Svizzera e Romandia, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, a cui si aggiungono nel calendario italiano Settimana Coppi&Bartali, Giro di Sicilia e forse la Milano-Torino. In ogni caso, quando hai un leader come Fabian Cancellara e certi sponsor (oltre naturalmente al brand di orologi di lusso Tudor, tra i partner figurano Assos, Sram, BMC, Boss e Mercedes, ndr) l’ambizione di far sempre meglio e arrivare ai massimi livelli è forte.»

Ecco, parlaci di Cancellara.
«Lo conobbi quando vinse il campionato nazionale svizzero Juniores nel 1999, ci ho parlato spesso o in corsa o in albergo. Avere un ottimo rapporto con lui è facile: è capace, brillante e sa cosa vuole. Un fuoriclasse anche nel gestire il gruppo di lavoro: qua ho trovato la sua impronta in ogni aspetto, dalla preparazione del management e dello staff tecnico fino alla definizione precisa dei ruoli e la perfetta comunicazione interna. E quella marcia in più dal punto di vista umano che, sommato al resto, contribuisce a rendere tutti entusiasti. Un piccolo esempio? Nelle riunioni ama dirci “Ricordate che avete una famiglia”, che in un tipo di mondo e di mestiere che ti porta a togliere tempo agli affetti ha il suo perché.»

Una delle sfide, per una squadra che dalla categoria Continental si affaccia al professionismo vero e proprio, è il darsi una struttura adeguata: com’è organizzata la Tudor?
«Al fianco di Cancellara lavora il CEO Raphael Meyer. Poi ogni area ha un capo, con cui lavorano diverse persone: come una World Tour, insomma. Il responsabile sportivo è il già citato Scheidecker. Venendo alle altre aree che mi riguardano più da vicino: il capo allenatore è Sebastian Deckert, con cui lavorano Kurt Taylor, James Spragg e Jay Thomson; il capo diesse è Sylvain Blanquefort, con cui lavoriamo io, Morgan Lamoisson e Marcel Sieberg. E dell’Under 23 si occupa Boris Zimine.»

Sei l’unico italiano dell’intero staff?
«Oltre a me ci sono Paolo Gallivanone, massofisioterapista proveniente dall’ex BikeExchange, l’osteopata Umberto Mariano arrivato dall’Androni, e l’addetta stampa Elisa Nicoletti (figlia del Dario che corse in Mapei, ndr) che lavora col capo della comunicazione Thibault Hofer.»

Italia invece assente del tutto nel vostro organico di venti corridori.
«Sì, comunque stiamo lavorando in maniera capillare con lo scouting per alzare sempre di più l’asticella. Per ora abbiamo chiaramente tanta Svizzera e nord Europa. Abbiamo qualcuno con esperienza di World Tour, come Joel Suter, Tom Bohli, Simon Pellaud, Sebastien Reichenbach e il campione nazionale danese Alexander Kamp. Dalla Continental abbiamo tenuto i campioni nazionali svizzeri Elite e Under 23: rispettivamente, Robin Froidevaux e Nils Brun. Per il resto abbiamo un gruppo di giovani ben assortito, qualcuno di livello già abbastanza alto e altri che ci arriveranno con la gavetta. Complessivamente un roster assemblato con intelligenza. Io personalmente lavorerò soprattutto con lo svedese Jacob Ericsson, (che la Tudor ha preso in accoppiata col fratello maggior Lucas, ndr), col lussemburghese Luc Wirtgen (terzo al Tour of Antalya 2022 in maglia Bingoal, ndr) e i già citati elvetici Bohli, Pellaud e Suter.»

In tutto questo mix, si parla più francese o tedesco?
«Per ovviare a ogni equivoco ci siamo dati la regola interna di parlare inglese.»

In definitiva, come ti stai trovando in questo primo mese in Tudor?
«Sono davvero contento, vedo che c’è il giusto mix di passione e professionalità. Dal canto mio sono felice di poter mettere a disposizione la mia esperienza su aspetti tecnici e logistici, ma al contempo poter imparare tanto dai colleghi più giovani: come diceva sempre mio nonno, “quando sei maestro in qualcosa sei già allievo in qualcos’altro”»

Su questa considerazione finale di Claudio Cozzi, in attesa del suo “nuovo esordio” in ammiraglia, riportiamo per ora un decimo posto del campione ceco U23 Petr Kelemen al Grand Prix La Marseillaise e una sesta piazza di Joel Suter nella terza tappa dell’Etoile de Besseges, sotto la direzione di Blanquefort.

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