Coalizzate contro la Pro Patria e ora tutte con l’acqua alla gola

pro patria sogno

BUSTO ARSIZIO – Ricordate il dream team biancoblù? I suoi assi, per la serie C di allora, sembravano un cocktail  perfetto, mescolato con una formula che non ha bisogno di essere custodita in  cassaforte. Quella della imperscrutabile segretezza è propria di una nota bevanda,  quella squadra era il prototipo della Busto da bere. Purtroppo era un colosso d’argilla, o meglio: un colosso tecnico di inestimabile valore senza un ghello che lo potesse  supportare. E’ finita come sappiano e la ferita, per i tifosi della Pro Patria, sanguina ancora. Quel team dei sogni combatteva con la classe e il talento contro tutti e contro  quelli che, impotenti sul campo, cercavano di buttarlo giù coalizzandosi dietro le  scrivanie.

Una sogno da spegnere

Siccome sul campo ce n’era per pochi – e anche quei pochi e lo sono vista  brutta – gli squadroni perdenti hanno stretto un patto per spegnere il sogno. Il sogno  si è spento da solo per vicende ancora avvolte nelle ombre ma il gruppo dei rivoltosi  che volevano vincere perché sapevano che non c’era trippa per gatti; stesero un  documento e si rivolsero all’establishment di allora che, di suo, non vedeva di buon  occhio la Pro e quando essa stava in cima alla classifica, con tutti quei problemi  economici, si diffuse l’orticaria anche dentro i palazzi del potere.

Tutti contro i Tigrotti

L’invidia, dicono, è  una brutta bestia e in quel caso lo fu pur se la Pro Patria sfiorò la B regalando calcio  spettacolo in ogni stadio. Anzi, in stadi come Cesena, Reggio Emilia, Verona, Ferrara, Padova o Ravenna. Nomi non per caso perché parte di quella coalizione di minoranza (per i risultati sul campo) si è fatta maggioranza con quell’ostracismo vergato su  documento anti-Pro Patria. Ma, come si dice, “ogni ca’ le fa da sas….”. Ricordate,  oltre al dream team, quel detto chi la fa l’aspetti? Ognuna delle firmatarie di quella “carta dei nostri ipotetici diritti” hanno avuto le loro belle rogne. Quasi tutte sono andate incontro a crisi societarie pesanti che le hanno costrette, o molto  probabilmente, saranno costrette a ripartire da categorie dilettantistiche.

Ripartono dai dilettanti

La Spal di  oggi, ad esempio, come matricola, non è la Spal del grandissimo presidente Mazza  ma il mutuamento della Giacomense del piccolo Comune di Masi Torello, il Verona, con la sua storia, è finito in serie C1 rischiando di finire in C2 (salvezza proprio a  Busto conquistata all’ultimo minuto), il Ravenna ha vissuto anni di serie D, la  Reggiana sta cecando compratori per non dover ricominciare dai dilettanti. Mancava  il Cesena, la società capopopolo in quel 2009, e le ultime vicende dicono che le prime lingue di fuoco annunciano l’inferno in Romagna. E la Pro? E’ tornata fra i “prof”  dopo anni di patimenti. E’ una rivincita? No, perché il popolo bustocco è unico nella gioia e nelle sofferenza ma soprattutto sa distinguere la forza di una squadra dalla forza della carta bollata

Pro patria sogno – MALPENSA24