Come si cambia: più ferie, meno villeggiatura

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Anni '60, l'Italia in vacanza

di Gian Franco Bottini

Se si dovesse giudicare da questa estate si può senz’altro dire che i prossimi tempi ritorneranno ad essere, per gli italiani, sempre di più “tempi di ferie”, e sempre meno “tempi di villeggiatura”. La differenza sta ovviamente nei termini e mentre le ferie nessuno ce le leverà, la conseguente villeggiatura chissà chi ce la consentirà, nella misura alla quale ci eravamo abituati.

A cavallo degli anni ‘50-’60 dello scorso secolo la villeggiatura divenne sempre più un quasi-diritto, quanto le ferie, e fu il trionfo della Fiat 600 (con tragici sportelli contro vento), della Vespa, delle autostrade e di quant’altro servisse a spostare la famiglia lontano da casa. Anche il cinema ironizzò, a volte ferocemente, su questo fenomeno che, in varie forme, coinvolgeva tutti gli strati sociali, ma la sostanza era che il tutto era sorretto da un “boom” economico che consentiva alla gente migliori introiti e quindi un cambio di passo nel loro stile di vita.

Oggi,  dal punto di vista dei guadagni personali, siamo in pieno “sboom” e le conseguenze ovviamente ricadono sulle spese meno primarie. Le regole del mercato direbbero che a un calo di domanda dovrebbe corrispondere una riduzione dei costi;  provate a verificarlo per tutte le componenti del turismo (trasporti, ricettività, ristorazione, etc) e vi renderete conto invece dell’assurdità di certi incrementi, che appaiono insensati anche considerando la morsa di una inflazione mondiale.

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Gian Franco Bottini

La sostanza è che, al di là di quello che possono far credere un paio di giornate di trambusto sulle nostre autostrade, la presenza di italiani nei nostri luoghi di vacanza, è drasticamente diminuita in termini di giornate di presenza. Lo deduciamo da molte dichiarazioni di esponenti turistici di varie zone che, rallegrandosi per il “completo” di questi giorni e per l’aumento più che significativo di stranieri,  si rammaricavano del rilevante calo di turisti italiani. Chiedersi il perché, da parte loro,  ci parrebbe d’obbligo!

Molti italiani comunque hanno cercato alternative economicamente più sostenibili, trovandole all’estero e rimettendo in circolo quella esterofilia vacanziera del passato che, grazie a sforzi ed investimenti, privati ma anche pubblici, e al covid pareva essere stata sconfitta.

Una considerazione inoltre viene spontanea. L’aumento dei prezzi ha comunque visto un incremento del flusso straniero che pare aver sopperito al contestuale calo di quello nazionale: la conferma , se ce ne fosse stato bisogno, che il nostro potere d’acquisto (per capirci i nostri stipendi!) sono mediamente inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi Ma non sempre le cose potranno funzionare così e, considerando che il turismo è una voce fra le più importanti del nostro Pil, bisognerà metterci una pezza. E lo si potrà fare solo in due modi: intervenendo sui nostri stipendi e intervenendo sui prezzi del turismo.

Per chi segue minimamente la cronaca dei litigi politici non sarà difficile capire come intervenire sulla prima voce sia complicato e non certo immediato. Non resta che parlare del livello dei prezzi dove è opinione diffusa che gli operatori turistici in questa stagione abbiano premuto troppo sull’acceleratore, nell’intento probabilmente di recuperare un paio di stagioni difficili che, forse si è dimenticato, sono state difficili per tutti.

Il premier albanese, con la fama di essere particolarmente amico dell’Italia, si è recentemente dimostrato molto grato del flusso turistico italiano arrivato nel suo Paese che fronteggia la Puglia, una regione che quest’anno si è particolarmente distinta per una lievitazione di costi. Con un pizzico di “paciosa” ironia il premier ha poi ricordato che una ventina di anni fa circa 20.000 albanesi disperati sbarcavano nel  porto di Bari e che oggi fortunatamente, per lui, pare che la rotta si sia invertita.

E’ ovvio che il contesto è del tutto diverso e che probabilmente si è trattato di una “battutaccia” mal riuscita ma comunque, confessiamolo, fastidiosa, anche a non voler essere permalosi. Tale però da far pensare e di consentirci di suggerire ai nostri operatori turistici una profonda riflessione, non certo per spirito patriottico ma per lungimiranza nei loro affari. Ci vien da pensare che di questo passo, i nostri giovani, costretti alle “migrazioni” estive, presto sapranno tutto di Piramidi ed Acropoli, senza mai aver avuto la possibilità di vedere il Colosseo.

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