La fine di Ernest. De Andreis: «Non basta trovare un mercato profittevole»

De Andreis Ernest Airlines

MALPENSAErnest Airlines è l’ennesima compagnia aerea che arriva al capolinea in un settore, quello dell’aviazione, che da anni è in costante crescita. C’è una crisi di sistema, dunque, che non ha risparmiato nemmeno la giovane compagnia aerea nata tre anni fa a Malpensa.

Federico De Andreis, docente al corso di laurea in Scienze e tecnologie dei trasporti all’Università Giustino Fortunato ed esperto di Aviation management, cosa ne pensa del triste epilogo di Ernest?

«La sospensione della licenza per Ernest è in vigore da oggi 13 gennaio, e fino a quando la compagnia dimostrerà di essere in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa vigente. In altre parole una possibilità incerta con tempistiche incerte. Già nei mesi scorsi la percentuale dei voli in ritardo della compagnia si assestava attorno al 10%, che si traduce ai sensi del Regolamento CE261/2004 con una serie di tutele di tipo assistenziale e risarcitorio e conseguentemente con un aumento dei costi per la compagnia. Peccato, devo dire che avevo creduto in questa realtà che aveva iniziato a operare nel 2017 con l’obiettivo di sviluppare traffico low cost tra il nostro Paese, l’Albania e l’Ucraina, mercati che richiedono collegamenti diretti con l’Italia. Nonostante però l’intuizione di un mercato profittevole, 4 aeromobili in forza (seppure in leasing) e l’annuncio recente di arrivare entro il 2025 ad una flotta di circa 20 Airbus, il risultato non si è verificato come sperato. Probabilmente quindi non basta trovare un mercato profittevole se poi, una compagnia non ha un business model che le permetta di andare avanti».

Sempre più persone viaggiano in aereo ma le compagnie aeree falliscono. Perché?

«Le statistiche ci dicono che dal 2017 al 2018 il numero di passeggeri trasportati a livello mondiale è cresciuto del 6,9%, ma nonostante questo dato importante l’anno appena trascorso ha segnato la chiusura di diversi vettori europei e non: Thomas Cook, Adria Airways, Aigle Azur, XL Airways France, Wow Air, Jet Airways. Questi fallimenti spaziano dall’Islanda all’India e interessano compagnie di linea, come la Adria, charter come la Thomas Cook e low cost come la Wow. Al tempo stesso di diverse grandezza come la XL che operava solo voli leisure con una flotta di cinque aerei fino alla Jet Airways che era considerata la seconda compagnia indiana con 112 aeroplani in forza. Il problema è quindi mondiale, ma se guardiamo con più attenzione  ci si rende conto che interessa in particolare l’Europa dove il numero di vettori che chiudono è il doppio rispetto ad altri continenti e dove al dinamismo delle aperture di nuovi vettori non corrisponde stabilità nel tempo».

Qual è il problema dell’Europa?

«In Europa siamo molto bravi a iniziare nuovi business nel mercato del trasporto aereo, ma non così bravi nel mantenerli attivi nel lungo periodo, complice l’aumento dei costi ma soprattutto la difficoltà a costituire alleanze con altri vettori per una maggiore efficienza e organizzazione dei network e dei flussi di passeggeri».

Perché le compagnie aeree italiane fanno fatica a tal punto da aver lasciato ampie fette di mercato ai concorrenti stranieri?

«Le compagnie italiane faticano ad andare avanti, nonostante il nostro Paese sia quello con il maggior numero di siti patrimonio dell’Unesco, attrattori di turisti, e sia al centro dei traffici economici internazionali, attrattori di clientela business».

Quale strategia andrebbe quindi adottata? In che modo la connettività aerea può diventare un volano dello sviluppo economico italiano?

«Si deve primariamente incrementare l’offerta: le politiche di contenimento abbiamo visto che non pagano. Ridurre il traffico per ridurre i costi nel lungo periodo non porta chiaramente alla crescita. Si deve investire, si deve credere nel mercato, aumentando le rotte, le frequenze, le connessioni e le alleanze strategiche, in modo da massimizzare i ricavi. Alcuni aeroporti, come quello di Malpensa, strategicamente proprio per la loro posizione possono diventare importanti hub europei. Ma c’è bisogno di credere in questa idea e di investire in questo progetto, continuando a creare nuove rotte. E’ necessario avere competenza nel trasporto aereo, è necessario fare gestire questa realtà di trasporto da personale formato. Il mercato del trasporto aereo cambia continuamente e si deve essere in grado di recepire immediatamente i cambiamenti di questo mercato, analizzando opportunità, minacce, punti di forza e di debolezza, intercettando le esigenze dei clienti nel minor tempo possibile, attraverso la flessibilità e l’adattamento del business model».

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