E per casa una vecchia Cinquecento. Vita in strada da cinque mesi a Rescaldina

rescaldina vive auto disoccupazione

RESCALDINA – E per casa una vecchia Fiat Cinquecento (nella foto). Parcheggiata in una via del comune dov’è nato, cresciuto e ha messo su famiglia, nell’indifferenza di molti, la curiosità di qualcuno e il fastidio di qualcun altro per quell’utilitaria blu sempre lì, ferma e malconcia, coperta di sacchetti della spesa e altri materiali di fortuna. «È per evitare che entri l’acqua quando piove e che la grandine rompa i finestrini» spiega l’“inquilino”. E in effetti, i gibolli sulla carrozzeria non mancano, come pure i segni di qualche atto vandalico.

Chi abita in quell’auto a Rescaldina fin dallo scorso maggio si definisce «uno sconosciuto conosciuto da tutti». Si arrangia come può, con i pochi spiccioli a disposizione, i vestiti accatastati nell’angusto spazio in cui passa le notti, una scatoletta aperta sul cruscotto e calzini laceri ai piedi. Legge – e sfoggia un eloquio di livello superiore a quello che ci si potrebbe aspettare da uno che non ha altro titolo di studio oltre la terza media – e racconta la sua storia con calma e disponibilità, accompagnando le parole con continui gesti delle mani, tra una sigaretta e l’altra, senza mai una parolaccia, un insulto o un’imprecazione. Anche se ne avrebbe tutte le ragioni.

«Perso il lavoro, sono andato in crash economico»

«I servizi sociali? Certo che c’ho parlato – esordisce, gli abiti troppo pesanti per la stagione insolitamente mite come gli scarponi, in testa una bandana malconcia – Giovani alle prime armi alle quali ho detto: va bene studiare per farlo, ma dovreste provare a vivere così, per capire davvero di che cosa si ha bisogno. A 51 anni sono in crash economico. Lavoravo come operaio alla Piatti Freschi di Marnate. Ero assunto tramite un’agenzia, alzavo 5-6.000 chili al giorno. Poi, qualche anno fa, l’azienda è andata distrutta in un incendio (nel 2017, nda). Dopo ho trovato lavori qua e là, mi sono spinto fino a Lodi, ma tutti a termine. Ora sto cercando lavoro qui, ma non lo trovo. Farei qualsiasi cosa, h 24».

La sua non è una pazzia o un colpo di testa: vivere in auto si è imposta come una scelta obbligata. «Vivevo con mia moglie e i miei due figli, in affitto. Ora sono separato contro la mia volontà e non vedo più nessuno. Anche tanti parenti stretti si sono volatilizzati. Qualcuno mi dà le sigarette, mangio un pasto per cinque giorni alla settimana in un centro comunale e, visto che la batteria dell’auto si è scaricata, mi sposto con un’altra bicicletta che mi hanno dato i servizi sociali, dopo che la prima me l’hanno rubata. Ho incontrato paura ed egoismo. Non mi aprono neppure per farmi un bagno o una doccia».

Addio a casa, famiglia, affetti

«Senza più lavoro né stipendio, ho smesso di pagare l’affitto – prosegue la sua discesa agli inferi, come può capitare a chiunque di noi – Non potendo pagare le utenze, ho staccato gli elettrodomestici uno dopo l’altro, ma le bollette arrivavano lo stesso anche senza consumi. Dopo tre anni il proprietario di casa mi ha sfrattato. Capisco le sue ragioni, ma non il modo in cui l’ha fatto, con l’ufficiale giudiziario e i carabinieri che sfondano la porta. Si poteva evitarlo». Nonostante la gravità, trova anche qualche «lato umoristico»della situazione. «I geni della Polizia locale mi hanno multato per sosta vietata. E sì che ho messo un cartello per dire che la batteria è a terra. Il paraurti posteriore e la marmitta invece (qui sopra) me li hanno rotti quando non c’ero. Un’altra volta ho trovato una gomma a terra. Nelle case intorno non si vede nessuno, ma mi guardano tutti.

«Sono lombardo, quindi ho pochi parenti. Sono finito letteralmente in mezzo a una strada, chiedo solo di potermi lavare e un posto per dormire, ma ho ricevuto dei “ni” e poi ho trovato chiuso dovunque. Qualcuno sì, cerca di aiutarmi, ma ha mezzi limitati. Il Comune non mi ha dato alcun sussidio, il parroco mi ha mandato dalla Caritas, le associazioni mi chiedono se ho bisogno di scarpe o di vestiti: ti sembra questo ciò che mi serve come prima cosa? Alcuni parenti mi hanno pagato il dormitorio a Milano: “Là ti troveranno anche lavoro” m’hanno detto. Come no. Non mi sono mai fermato, l’ho cercato anche di notte. Sono stato dall’Inps e all’agenzia del lavoro, mi hanno detto che mi fanno fare dei corsi e poi il lavoro devo cercarmelo da solo. Mi hanno anche proposto di spostarmi a 50 km da qui, ma come faccio con un’auto che è del’ 99 e non va? In Comune ero l’ultimo della fila dietro tanti stranieri. Non ho nulla contro di loro, ce l’ho con chi dopo una giornata intera non mi ha neanche detto dove portare la domanda o l’Isee».

La conclusione, amarissima, è frutto di un animo più riflessivo che disperato. «Anche in tempo di pace, l’uomo è sempre in guerra».

rescaldina vive auto disoccupazione – MALPENSA24