Lettera aperta al signor Francesco Attolini

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Egregio Francesco Attolini,
dopo il suo post su “Hitler travestito da montagna”, come l’ha definito con corrosivo sarcasmo Maurizio Crozza, in molti (anche se ufficiosamente) le hanno chiesto le dimissioni da amministratore unico di Agesp Energia. Lei fa orecchie da mercante, come se l’accaduto fosse al massimo una goliardata, un episodio sul quale riderci sopra, e morta lì. Nulla a che vedere con l’apologia del nazismo, è la giustificazione per sdrammatizzare. Ma, vede egregio Attolini, non si può scherzare su certi temi, soprattutto in un momento come l’attuale. A maggior ragione non lo può fare un rappresentante delle istituzioni, che dovrebbe muoversi in modo irreprensibile, senza dare adito a dubbi sulla sua integrità morale e politica. Obbligato, nella circostanza, se non a lasciare l’incarico per togliere tutti dall’imbarazzo, perlomeno a chiedere scusa.

D’accordo, qualche suo sostenitore (o dovremmo scrivere camerata?), afferma che Lei non ha rubato nulla, che non si è macchiato di delitti, che, in fondo in fondo, si tratta di una cazzata senza conseguenze. Reati che lei non ha commesso, per carità. Se però vogliamo per forza parlare di reati è doveroso ricordare che esistono anche quelli ideologici, che magari nessuno sanziona, ma che fanno ugualmente male e nascondono una propaganda subdola e inaccettabile per tutto quello che sappiamo e che sarebbe pleonastico ripetere. Tanto più che di “cazzate” del genere, Busto Arsizio offre un’ampia casistica.

Peggio sarebbe se non si fosse reso conto della gravità del problema, che lo considerasse ininfluente per la sua immagine pubblica e, soprattutto, per l’immagine di Busto Arsizio. Città che non merita di essere messa alla gogna mediatica per un simile motivo; città attorno alla quale il centrodestra, che Lei rappresenta, si muove con fatica per migliorarla. Ma anche una città che, in molti dei suoi settori, a destra come a sinistra, sembra distratta rispetto a quanto passa sui giornali e in Tv dopo la sua improvvida uscita su Facebook. E la figuraccia di un solo bustocco rischia di diventare collettiva: certi silenzi, a cominciare da quelli gelidi e apparentemente sprezzanti di Palazzo Gilardoni, sono purtroppo indicativi di un modo di essere.

Tanto più che Lei, egregio Attolini, non è nuovo a uscite eclatanti: si ricorda quando inneggiò agli incendi attorno a Varese e al post in cui scriveva: “… guardare verso il monte e non vedere più Varese”, chiosando il tutto con l’hashtag “#merdaVarese? La polemica che ne derivò fu pesante. Roba che avrebbe dovuto mettere sull’avviso il suo partito, cercando per Lei incarichi meno importanti di un posto al vertice di una società partecipata.

Si sa, oggi la politica non va quasi mai per il sottile: dentro tutti senza distinzione, e più sono “poveri di spirito” e più sono utili, a cominciare da coloro i quali non garantiscono irreprensibilità nei giudizi, esplicitando la prima cosa che passa loro per la mente, senza calcolare le conseguenze. E che non rispondono ai giornalisti che telefonano, mettendosi in fuga dalle responsabilità. Non ci siamo, non è così che si contribuisce al “bene di una comunità”, enunciato ipocrita e fastidioso, ma che voi politici ripetete come un mantra per fare breccia nei cittadini, per poi vanificarlo al primo intoppo. Anzi, come direbbe l’inarrivabile Emilio Fede, alla prima figura di merda. Scusi il francesismo, ma non si può sempre far finta di niente. Non le pare?

Con tutta la stima che ritiene di meritare
Vincenzo Coronetti

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