BUSTO ARSIZIO – Educatrici, «oltre al danno la beffa». A denunciarlo è Valentina Verga, consigliere comunale del PD. «Il Comune applica persino gli interessi a chi ha chiesto di poter rateizzare la somma dovuta. Non è giusto, non è questo il modo di venire incontro a persone, diverse delle quali già in pensione, che devono già mettere mano al portafogli per restituire le indennità di turnazione».
Il caso
La vicenda è quella delle indennità di turno delle educatrici comunali degli asili nido e delle scuole materne, giudicate non dovute da una sentenza della Corte d’Appello di Milano al termine di un lungo contenzioso. Le indennità si riferivano al periodo tra il mese di febbraio del 2013 e il mese di maggio del 2016, per un totale di 205mila euro: sono 81 le educatrici – alcune ancora in servizio, altre già in pensione – a cui Palazzo Gilardoni ha chiesto di restituire somme che vanno in media tra i 2000 e i 3000 euro.
Le rateizzazioni
«Continuo a credere che il Comune potesse evitare di chiedere i soldi alle educatrici, perché l’errore non è stato loro ma di qualche dirigente dell’epoca che diede indicazioni non corrette, ma in risposta è stato paventato il rischio di intervento della Corte dei Conti – sottolinea Valentina Verga – però poi quando si è aperta la trattativa con le organizzazioni sindacali, il Comune si è fatto bello proponendo la rateizzazione in 60 rate per venire incontro alle educatrici. Peccato che adesso sono arrivate le lettere per i pagamenti e si scopre che chi ha scelto di rateizzare deve anche pagare gli interessi legali, pari al 2,5% sul dovuto».
La beffa per le educatrici
«Oltre al danno la beffa – contesta la consigliera Dem – al di là dell’importo degli interessi, che in sé sarà irrisorio rispetto agli importi, è una questione di principio. Dicono di venire incontro alle educatrici, ma in realtà applicando gli interessi chiedono soldi in più a persone per le quali già tirare fuori somme importanti non è proprio una passeggiata. Trovo tutto questo assurdo, questa scelta del Comune è assolutamente non condivisibile».