A Busto e Gallarate coi sindaci di centrodestra vince l’antipolitica

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A botta calda, con gli scrutini ancora in corso, al di là dei sindaci eletti, rieletti o proiettati al ballottaggio, balza all’occhio la vera vincitrice di queste elezioni: l’antipolitica. In provincia di Varese, ma non solo, ha votato un cittadino su due. In alcune città, la percentuale degli elettori è addirittura al di sotto del 50 per cento. Si tratta di un dato che, giratela come vi pare, la dice lunga sull’interesse, meglio, sul disinteresse diffuso verso la politica. Persino verso le amministrazioni civiche, che dovrebbero invece accendere l’elettorato per scontate ragioni di vicinanza. La disaffezione collettiva e, quindi, la bassa affluenza alle urne, toglie valore agli esiti finali. Constatazione che ci verrà contestata dai diretti interessati, soprattutto da coloro i quali escono vincitori da queste consultazioni, ma meno della metà degli aventi diritto che hanno raggiunto i seggi non basta per definire compiutamente la geografia politica di una città o di un territorio. Resta pur sempre un esito a metà.

Nessuno però eccepirà sulla legittimità dei successi dei sindaci uscenti e riconfermati di Busto Arsizio e Gallarate, Emanuele Antonelli e Andrea Cassani. Vittorie incontestabili quanto da analizzare a fondo. Anche per il boom delle loro liste di riferimento, formazioni civiche identificate con i loro nomi e, a questo punto, con la forza numerica per condizionare le nuove assemblee civiche, più ancora della stessa Lega, più ancora di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, le altre componenti del centrodestra che hanno ottenuto risultati da analizzare e capire. Che aprono a profonde riflessioni.

Liste civiche che hanno drenato voti dai partiti tradizionali, non c’è dubbio. A conferma che le bandiere, e gli stessi leader di partito, non hanno più l’appeal di un tempo. E che i primi cittadini al timone nel precedente mandato fanno pur sempre la differenza. Soprattutto se, per quanto riguarda il Varesotto, vestono casacche con le insegne di destra. Infatti, Varese porta al ballottaggio il sindaco piddino Davide Galimberti, gli impedisce di sfondare al primo colpo contro un avversario, Matteo Bianchi, preso a bordo in corsa in supplenza di Bobo Maroni che, come noto, ha dovuto dare forfait. Un avversario comunque di prestigio per la sua storia personale, ma di fatto obbligato a candidarsi.

Città della provincia di Varese in controtendenza con i grandi centri, Milano, Napoli, Bologna, dove il centrosinistra non ha incontrato eccessive difficoltà. Tanto che Matteo Salvini, il Capitano leghista, giustifica le debacle con la scelta tardiva dei candidati e mette subito le mani avanti: “Nessuno usi il voto per abbattere il governo”. Segnale inequivocabile di timori post elettorali che possano in qualche modo orientare la politica nazionale a discapito della Lega e dei suoi alleati.

Scenari futuri ancora da definire. Più chiari in sede locale, dentro consigli comunali che, a Busto e Gallarate, risulteranno con equilibri sovvertiti rispetto al passato. Basti dire, salvo verifiche, che a Palazzo Gilardoni, la Lega, storica e sinora incontrastata formazione bustocca, finirà per avere meno consiglieri della lista del sindaco, formazione che aveva cercato di bloccare sul nascere avendo intuito, assieme a Forza Italia, il pericolo di un clamoroso sorpasso. Com’è accaduto con tutte le conseguenze, politiche e dei rapporti di forza, che ne deriveranno. A partire dalla composizione del nuovo esecutivo.

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