ELEZIONI LEGNANO 2020 Rigamonti: «C’è la possibilità di rialzarci, guai a perderla»

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LEGNANOSimone Rigamonti, candidato a sindaco dei Cinque Stelle: la vostra mi sembra forse la campagna elettorale meno visibile. Sbaglio?

«Se facciamo il confronto con il centrodestra, con i camper e le grandi spese, sicuramente siamo meno appariscenti ma forse più pregni di concetti e di concretezza. Stiamo sbandierando meno alla cittadinanza e dando prova di quello che serve effettivamente a Legnano: penso che i cittadini apprezzino anche in campagna elettorale chi è parsimonioso e non spreca i propri soldi, modalità che useremo anche nella nostra amministrazione per non disperdere soldi pubblici. E poi utilizziamo il canale che ci è più consono, Facebook, dove siamo presenti tutti i giorni con sponsorizzazioni territorialmente limitate al nostro elettorato. Con i miei post raggiungo ogni giorno 7.000 persone».

Come rispondete alla campagna elettorale “delle balle della Lega”, per riprendere la definizione del vostro consigliere regionale De Rosa?

«La Lega, o meglio la coalizione di centrodestra, ha issato una bandiera neutra: vuol farci credere che Toia sia un soggetto apolitico, ma l’intera piramide è costituita dagli stessi soggetti che sostenevano Fratus. Anche ritenerla una candidata civica è assolutamente una forzatura: arriva dalla Lega di Maroni, non è questo il vero civismo e i legnanesi se ne rendono conto. Era meglio dire che è una candidata leghista a tutti gli effetti, forse sarebbe stata più apprezzata. Il fatto che non abbia mai dato segno di rottura con la precedente amministrazione è un altro indizio che ci fa pensare che effettivamente il candidato Carolina non è una novità, ma ci stiano ripresentando una zuppa riscaldata».

Perché invece l’arena civica da voi proposta non è una balla elettorale?

«Perché è qualcosa che serve realmente a Legnano. Soprattutto per le nostre scuole, le associazioni musicali e tutti coloro che fanno cultura è necessario avere un luogo dedicato che non sia sempre per forza a titolo oneroso e collegato a dinamiche di profitto. Legnano ha bisogno di respirare cultura, abbiamo proposto il progetto “La cultura si fa strada” per portare nelle strade cittadine quanta più cultura possibile, senza che i cittadini debbano recarsi nei soliti ambienti preposti a questo. L’arena servirà a dare uno spazio attivo 365 giorni all’anno, con una modalità di prenotazione molto semplice, per una Legnano a colori».

Anche nel momento di massimo successo, l’M5s a Legnano ha sempre faticato a conquistare larghe fette dell’elettorato, come invece accaduto nel resto del Paese. Perché?

«Siamo nella roccaforte leghista. Sappiamo di correre su un terreno ostico dove anche nei momenti migliori abbiamo fatto un risultato leggermente più basso di quello in altri territori. L’M5s raccoglie molti voti nel Sud, mentre nella città con il simbolo di Alberto da Giussano è molto difficile sradicare la concezione partitica destra-sinistra e inserirsi come attori principali. Questo non vuol dire che non sia importante per noi partecipare a queste elezioni. Abbiamo obbiettivi importanti: uno fra tutti, entrare in Consiglio comunale con quanti più consiglieri possibile al fine di vigilare, come già fatto nel governo Fratus, circa la legalità delle condotte e la bontà delle scelte».

Perché qui non vi siete alleati con il Pd, come a Roma?

«Abbiamo sentito forte le necessità di confrontarci col territorio senza condizionamenti partitici. Una delle contestazioni che ci rivolgono è essere scesi ad alleanze spesso non gradite, quindi la scelta di un ritorno alle origini per confrontarci in maniera dura e pura col territorio è una verifica dell’effettivo sostegno della cittadinanza legnanese».

Alla stessa domanda, Radice ci ha risposto: «Siamo stati sfigati, i tempi non erano maturi».

«C’è stato un tentativo, non solo con Radice ma con tutti i candidati, per un movimento più ampio, una grande coalizione. Sono sorte posizioni inconciliabili, che hanno poi portato alla frammentazione. I tempi sicuramente non ci hanno aiutato, ma questo non vuol dire che in futuro non si possa governare come Movimento 5 Stelle e Pd, oppure trovarci in opposizione battendo i pugni contro di loro. Siamo pronti a stare sia con loro sia contro: quello che deve passare è il bene di Legnano, e che Legnano si riprenda da questi 18 mesi di commissariamento e dalla crisi economica che è il risultato tangibile dell’epidemia Covid. In ogni caso, noi non guardiamo a Radice come unico possibile apparentamento, ma siamo aperti a chiunque pur di far del bene per Legnano, con l’obbiettivo comune che il centrodestra non si riappropri della città».

Il fatto di essere passati al governo dalla Lega al Pd vi fa sembrare pronti ad allearvi con chiunque. Come vi comporterete se ci sarà un ballottaggio?

«Premetto che la questione nazionale va compresa partendo dalla modifica della legge elettorale e dall’eliminazione del premio di maggioranza, scelte non nostre e che abbiamo dovuto subire quando i partiti si sono accorti che potevamo governare da soli il Paese. Sono stati soggetti esterni che ci hanno costretti ad andare a fare alleanze. Detto questo, l’aver cambiato Pd, Lega, ancora Pd non va interpretato come una disponibilità a governare con chiunque, ma come una grandissima prova di professionalità di saper governare anche con diversi partiti, con cui condividiamo poco, per centrare il bene del Paese mirando alla sua stabilità ed evitando quindi di andare ad elezioni. L’irresponsabilità è stata dell’apice leghista, di Salvini, che ha cercato di azzoppare un governo mirando a nuove elezioni. Su Legnano, aspettiamo i risultati del primo turno e valuteremo quanta fiducia ci hanno dato i cittadini. Non sappiamo se ci alleeremo o se faremo apparentamenti, ma l’obbiettivo è sempre non riconsegnare Legnano a chi l’ha svilita a livello nazionale per i fatti che tutti conosciamo».

Lei ha detto che vinceranno sicuramente gli astensionisti. Nel 2017 votò poco più della metà dell’elettorato (il 52,36%). Si attende ancora meno elettori alle urne?

«Spero di no, spero che quanto accaduto abbia smosso le coscienze dei legnanesi e li invogli a esercitare il proprio diritto-dovere di votare. Proprio attraverso voi media, vorrei fare un appello all’elettorato, soprattutto a chi ha perso fiducia nella politica, chiedendo di andare comunque a votare perché il non voto è demandare le decisioni agli altri. In verità, anche non votare è un voto, solo che decidono gli altri per loro. In ogni caso, non posso non rappresentarmi che anche le modalità da rispettare per l’emergenza sanitaria possano allontanare maggiormente gli indecisi che trovano poca motivazione nell’esprimere la propria preferenza: dover confrontarsi anche con tutta una serie di attenzioni ulteriori, potrebbe aumentare ancora il numero dei non votanti».

Quale futuro attende la città?

«O ci rialziamo, cambiamo completamente rotta, ci lasciamo alle spalle il passato e cerchiamo di ricostruirci, o a Legnano, che ha già toccato il fondo, non resta che scavare. Abbiamo una opportunità gigantesca, il Recovery Fund. Ci saranno grandissime possibilità per l’amministrazione comunale, soldi a pioggia. Ma dovremo avere la capacità di cogliere le opportunità che verranno date. Per questo abbiamo proposto di istituire nell’organico del Comune un responsabile bandi che si dedichi con professionalità a percepire le risorse ed evitare che ci sfuggano di mano, come stava per succedere. Dovremo uscire dalla crisi, assistere le famiglie che stanno subendo loro malgrado un momento di difficoltà economica, lavorativa e abitativa, incentivare il nostro commercio, le attività sul territorio, i nostri professionisti e imprenditori. Se non avremo la forza e la lungimiranza di riprenderci da questa crisi, con azioni forti e mirate, sarà troppo tardi».

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