Elezioni, l’Italia guarda a destra. Meloni verso Palazzo Chigi

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Svolta a destra, come nelle previsioni. C’erano dubbi? Assolutamente no. Il vento dei giorni della vigilia spirava già da quella parte, soprattutto verso Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, che svetta dall’alto dei consensi ottenuti. La percentuale definitiva potrebbe oscillare di qualche punto per eccesso o per difetto, è però sicuro che il divario dagli altri partiti, anche dagli alleati di Lega e Forza Italia, è incolmabile. Fino a determinare che la somma delle formazioni di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sia inferiore al risultato del solo gruppo della Fiamma. Un dato che apre una serie di considerazioni sulla stessa coalizione, quanto meno sui rapporti di forza e, quindi, sui nuovi equilibri che, al di là delle turbolenze che verranno o potrebbero crearsi all’interno delle singole squadre dopo l’analisi del voto, finiranno per condizionare la formazione del futuro governo.

Detto questo è fuori discussione che gli italiani abbiano deciso di concedere un’ampia apertura di credito a Giorgia Meloni, avviata verso Palazzo Chigi e che dall’opposizione all’esecutivo Draghi ha preparato passo passo l’esito delle urne. Forse al di sotto delle aspettative, ma pur sempre eclatante rispetto alle percentuali di cinque anni fa, seppure lontano dalla soglia vaticinata del 30 per cento. Soglia che la Lega superò alle Europee per crollare, nella consultazione di ieri, alla metà della metà, o quasi. Una caduta che, una volta confermata, apre un problemone per Matteo Salvini e il suo partito. Tanto che al momento in cui scriviamo è appaiata attorno all’8 per cento a Forza Italia, che rimane così un riferimento imprescindibile per quell’elettorato che si sente poco rappresentato sia dalla Lega sia da Fratelli d’Italia. Un’ultima annotazione rispetto ai flussi di voti: se il quadro fosse quello delle proiezioni è facile pensare a un travaso di consensi dalla Lega verso Fratelli d’Italia.

Dati confermati rispetto alle previsioni per i centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi, che non vanno in doppia cifra ma la sfiorano. E in alcuni collegi del Nord conquistano consensi superiori alle stesse aspettative. Per dirla in un altro modo, il Terzo Polo è l’approdo politico di quella vasta schiera di moderati che non hanno fiducia né a destra né a sinistra. A proposito, il centrosinistra. Sembra resistere, anche se con affanno, il Partito democratico, resiste nonostante tutto, nonostante una campagna elettorale sotto tono, con un Enrico Letta per nulla incisivo. Certo, il Pd non ha motivi per dichiararsi soddisfatto, ne ha per avviare una seria riflessione sul futuro.

Coloro invece hanno agio per gioire sono i Cinque Stelle. Al Sud hanno recuperato rispetto alle più nere previsioni. Merito del reddito di cittadinanza o di cos’altro? Resta il fatto che i pentastellati tornano in Parlamento con una discreta rappresentanza, pronta a ripercorrere l’originaria strada dell’antisistema.

Infine, l’affluenza. Sotto di nove punti rispetto al 2018. 64 per cento, ieri. Ciò a dire che l’astensionismo è il primo partito in Italia. Commenti? Tutti già detti e ridetti, da risultare pleonastici.

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