Enzo Rosa: «Dal Varese di Maroso al padel. Non è così che si rilancia il Franco Ossola»

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VARESE – «Posso capire la necessità temporanea della pista per il pattinaggio, ma non il sacrificio di quasi mille metri quadrati per quattro campi da padel che comprometteranno la possibilità di crescere al Varese. Oltre che essere un deterrente per chi, salendo di categoria, vorrà investire ancora nel calcio in città. Quella dell’amministrazione mi sembra davvero una scelta poco lungimirante». L’intervento all’antistadio approvato in consiglio comunale (giovedì 14 maggio) continua a far discutere. Anche fuori Palazzo Estense.

La voce del cuore e del tifo biancorosso

Chi parla è Enzo Rosa, storico e noto tifoso biancorosso. E lo fa dopo aver snocciolato tutto d’un fiato la formazione del Varese di Peo Maroso. Un calcio che ha regalato emozioni, mai sopite all’ombra del Sacro Monte, in chi frequentava a quel tempo i gradoni del Franco Ossola e continua a farlo anche oggi in un “calcio di periferia”. Una stadio intriso di storia, magari non messo benissimo, anzi, un po’ anacronistico rispetto alle esigenze del calcio moderno, ma che resta comunque un luogo del cuore. Che ora però cambierà per forza di cose con l’arrivo della pista del ghiaccio e dei quattro campi dedicati al padel.

Serve ben altro che i campi da padel

«Credo che qui serva ben altro – dice Enzo Rosa – Spazi per il settore giovanile, ma anche strutture che possano aiutare a conservare e promuovere la cultura dello sport. Credo che il Franco Ossola debba essere rivisto nella sua complessità. Bisognerebbe ottimizzare le tribune, recuperare altri spazi, renderlo più moderno e in linea con le esigenze del calcio odierno. E non è realizzando quattro campi da padel che si va in questa direzione. Anzi, temo che le nuove strutture possano essere un freno in tal senso».

Rosa lo dice chiaramente: «L’affetto, le emozioni vissute in tutte questi anni al Franco Ossola, ma anche la ragione e non solo cuore, mi portano a dire che quanto pensato dall’amministrazione sia una visione poco lungimirante. Anche perché una società come il Varese per crescere può puntare sui giovani e per fare questo servono strutture. Che non abbiamo. E non bastano i bravi tecnici e allenatori sui quali invece la società può contare. E poi, un’ultima cosa, ma non per importanza, possibile che la storia, raccontata e costruita dentro a questo stadio, da Maroso a Sannino passando per Fascetti, non conti proprio nulla per chi governa la città?».