Fastidi collettivi, veri eroi e Attilio Fontana

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In Lombardia ci attende un’altra settimana di restrizioni e disagi. Oddio, restrizioni e disagi in modo relativo, che ci cambiano alcune abitudini ma, almeno per ora e speriamo anche in futuro, qui da noi non ci sconvolgono l’esistenza. Sempre che non decidiamo di autosconvolgercela in scia alla psicosi generata dall’overdose informativa attorno al coronavirus. Una battaglia di numeri e un’offerta di notizie a getto continuo, spesso contradditorie tra esse, diffuse da fonti ufficiali, enti istituzionali e agenzie sanitarie che contribuiscono, naturalmente senza volerlo e per la complessità della situazione, a provocare la confusione e l’ansia collettiva. Al punto che le reazioni di buona parte dell’opinione pubblica sono ora di fastidio, quasi di nausea rispetto a quanto si pubblica o si manda in onda relativamente all’infezione endemica in corso.

Non sono soltanto le cosiddette fake news, di cui purtroppo abbonda la rete, ad alimentare il clima di surreale insofferenza, ma l’intero impianto informativo di giornali e tv, necessario per evitare che, abbassando la guardia, si finisca per accelerare la diffusione del morbo. Basta un titolo forzato, una frase di troppo, un’immagine sbagliata per scatenare la rabbia via internet di lettori e telespettatori. Siamo agli insulti, anche per chi cerca di risolvere o, quanto meno, di evitare che l’epidemia degeneri. Persino Attilio Fontana, il governatore lombardo in prima linea contro il coronavirus, assieme all’assessore al Welfare Giulio Gallera in pianta stabile a Palazzo Lombardia, s’è preso un’ampia dose di critiche per essere comparso su Facebook con la mascherina anticontagio. Voleva promuovere un’azione di profilassi, ha combinato (gli hanno fatto combinare) un pasticcio comunicativo. Un errore, certo, che, nella difficoltà del momento, non merita di essere stigmatizzato come fosse la causa di quanto accade e per cui, all’estero, ci considerano degli appestati. Il suo serrato impegno sul versante della prevenzione è commendevole, come, alla prova dei fatti, lo è il lavoro di Gallera e di quanti operano per bloccare il coronavirus.

Può essere che la politica sia stata presa in contropiede, che non abbia gli strumenti organizzativi e conoscitivi adeguati per fronteggiare una tale emergenza, ma di sicuro, gli amministratori lombardi sinora non si sono risparmiati. Altro potremmo dire delle scelte del governo centrale, perlomeno analizzando le contromisure economiche varate proprio oggi, sabato 29 febbraio, insufficienti per limitare i precipizi finanziari delle aziende e delle attività lombarde costrette a fare i conti con la nuova, inimmaginabile condizione.

Ma i veri eroi della guerra all’infezione sono i medici, gli infermieri, i ricercatori, i volontari che rimangono in trincea negli ospedali e nei laboratori. Persone che, senza alzare la voce, operano con scrupolo professionale e, soprattutto, con senso civico e solidaristico per assistere le tante, troppe vittime del Covid-19. E sono le prime ad essere esposte ai rischi di contrarre esse stesse la malattia. E’ a loro che dovrebbe andare la nostra incodizionata riconoscenza; noi che, grazie al Cielo, bene o male continuiamo la nostra vita, cercando di non farci sconfiggere dagli eventi e dalle Cassandre che viaggiano a frotte in ogni dove della società; se, appunto, potremo tornare alla normalità, senza più infastidirci per una mascherina di troppo o per i bollettini sulla diffusione del virus, lo dovremo a tutte queste persone, prima che a noi stessi.

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