Forza Italia: «Alle Provinciali Italia viva e Azione vengano con noi»

Pietro Zappamiglio forza Italia
Pietro Zappamiglio e l'opa di Forza Italia su renziani e Azione

VARESE Pietro Zappamiglio, vice responsabile provinciale degli Enti locali di Forza italia, componente del coordinamento regionale dei berluscones e sindaco di Gorla Maggiore, apre la partita delle ormai prossime elezioni provinciali. E in vista del 18 dicembre, giorno in cui sono indette le elezioni, lancia “un’opa” su Italia Viva e Azione: «Ai moderati renziani e del partito di Calenda dico che, per loro, c’è più spazio nel centrodestra. A partire dal voto per rinnovare il consiglio a Villa Recalcati».

Ma non solo. «Partendo dal presupposto che Forza Italia è il fulcro di un progetto politico di centro, credo sia necessario rafforzare il dialogo con quella parte di Lega che non riconosce l’ala anti-governativa all’interno del Carroccio. Solo così potremmo dare un segnale preciso a quell’elettorato moderato, che oggi non ha punti di riferimento precisi e ben definiti».

Pietro Zappamiglio, i numeri nazionali non sorridono a Forza Italia. Alle amministrative nelle tre grandi città della nostra provincia sembra però il contrario. Magari non in termini percentuali, ma politicamente il partito è stato determinante in due città su tre per vincere al primo turno. Qual è lo stato di salute forzista? 
«Le amministrative hanno detto due cose importanti. La prima è che il percorso di ricostruzione che abbiamo avviato a livello provinciale è stato apprezzato dagli elettori. Siamo stati determinanti a Gallarate e a Busto, mentre a Varese la lista in cui il nostro partito ha fatto da traino ha ottenuto un risultato importante e unico a livello nazionale. La seconda è che bisogna continuare a lavorare per ridurre il terreno dell’astensionismo, purtroppo ancora molto vasto, convogliando quel mondo all’interno di un progetto politico».

Progetto politico o partitico? La differenza, solo in apparenza, è questione di lana caprina, non crede?
«Io credo che un partito ci sia già. E Forza Italia potrebbe essere lo strumento per costruire un progetto politico dalle basi solide».

Però non tutti i vostri interlocutori politici la pensano come lei. Per il mondo civico dialogante per esempio, la presenza, o meglio “l’ingerenza”, del partito potrebbe essere vista come un freno alla nascita di quel progetto moderato di centro di cui molti, anche nel centrosinistra, parlano. Quindi? 
«Il modello Varese, costruito attorno a Forza Italia, ha dimostrato l’importanza del “contenitore”, ma anche il ruolo decisivo delle persone. E sono proprio queste che devono lavorare affinché il partito torni a essere il luogo in cui fare politica. Guardiamo al governo, dove ci sono figure di altissimo profilo. Il premier Draghi, ma anche il ministro Cartabia. Profili di grandissimo spessore che hanno messo il luce la mancanza di una classe dirigente, che va ricostruita».

D’accordo. Ma intanto i cosiddetti moderati continuano a fare politica su fronti opposti. E, più che ponti per dialogare, si vedono “scialuppe” per traghettare idee e valori da una parte all’altra. Non si vedono vie d’uscite al centro. Come mai?
«Io credo che l’area moderata possa diventare determinante per la politica del centrodestra. Non vedo alternative».

Addio “centro”?
«Il “centro” come luogo politico è finito con la Democrazia cristiana. Anzi, è esistito perché c’era la Dc. Cercare di resuscitarlo non ha senso. Il nostro elettorato sta nel centrodestra e la sfida semmai è tornare a essere punto di riferimento anche per chi sta, con difficoltà, dall’altra parte, ma è politicamente più vicino a noi».

Sta dicendo che quelli del centrosinistra sono “meno” moderati di quelli di centrodestra? 
«No. Sto dicendo che il nostro elettorato di riferimento, oggi diviso tra i due schieramenti, ha più riconoscimento e dignità nel centrodestra. E lo dimostra l’esiguità politica in cui sono confinati Renzi e Calenda dentro il centrosinistra. Anzi, paradossalmente Renzi e Italia Viva sono corpi estranei per l’altra coalizione. E sto parlando di forze politiche che nella nostra alleanza troverebbero più spazi a partire dalle prossime elezioni provinciali».

Siamo alle “fusioni a freddo” su scala locale comprensibili solo agli addetti ai lavori? 
«Siamo alle basi della politica. Che è cambiata e non può prescindere dalle persone, dagli amministratori locali e dalle tematiche che toccano da vicino sindaci, assessori e consiglieri comunali. Le faccio un esempio. Qualche giorno fa c’è stato un incontro informale, al quale hanno partecipato sindaci, assessori e consiglieri delle varie maggioranze, ma anche minoranze. Di centrodestra, ma anche di centrosinistra. Obiettivo? Parlare di cose e di temi che ogni giorno affrontiamo nei nostri Comuni. Con la consapevolezza che al momento non c’è una figura leader capace di essere federatore e il processo politico non può che partire dal territorio».

Tutto condivisibile, però quando si va a fare le liste ci si arena sui nomi da candidare. Succedeva e succede ancora. A partire proprio dalle ormai prossime elezioni provinciali. Non è così? 
«E’ vero che la politica ha le sue liturgie. Ma se il dibattito si calcifica sui nomi e sui veti significa che, più che il progetto, contano di nuovo le logiche di potere. Che possono essere superate solo costruendo una lista per le provinciali in cui ci siano i candidati migliori e che possano intercettare la più ampia sensibilità degli amministratori locali».