Viaggio nel Rinascimento ai licei di Gallarate. Con Gonzaga e Arvedi

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Da sinistra: Paolo Arvedi, Maurizio Gonzaga Del Vodice, Adelio Airaghi

GALLARATE – Una chiacchierata, che è l’opportunità di perdersi fra i meandri della cultura a 360 gradi. Tra letteratura, filosofia, storia e impegno sociale come obiettivo di vita. Tutto questo si traduce in “Arte e filosofia“, l’incontro mediato da Adelio Airaghi – presidente della società Volarte Italia – che oggi (19 novembre) ha accolto due figure nobili al Liceo dei Tigli di Gallarate. Il primo: il principe Maurizio Gonzaga del Vodice, che ha condiviso con i giovani studenti la storia del suo avo san Luigi Gonzaga, con una precisione degna di un volume universitario. L’altro: il conte Paolo Arvedi, che ha raccontato la sua immensa dimora che si trova nelle valli a un passo da Verona e, in generale, le numerose ville del Veneto.

La storia di San Luigi. E l’impegno sociale

Alla professoressa Chiara Nebuloni – che ha avuto il supporto di Federico Maria Tubere – il compito di accogliere gli ospiti. A partire dal principe Gonzaga, che ha raccontato la storia del suo avo san Luigi, una figura «particolarmente colpita dalla grazia divina, che ha trovato la sua strada tra mille difficoltà». È la seconda metà del Cinqucento: da Mantova si sposta per l’Italia, prima a Firenze e poi alla Corte di Spagna. Fino ad arrivare a Roma, dove investe tutte le sue energie e capacità («Era intelligente, possedeva arti diplomatiche ed era di grande cultura») per perseguire il suo obiettivo: «Voleva far parte dei gesuiti, perché andavano in giro per il mondo a portare la parola di Dio». Morirà proprio a Roma, nel 1591 a 23 anni. Una conseguenza diretta al suo impegno sociale: voleva essere «il più povero fra i poveri. Prendeva in spalla i malati, gli appestati, e li portava a morire in un ambiente protetto». San Luigi è, per questo motivo, «un esempio di come si possa operare nel mondo, al servizio dei più deboli, mantenendo allo stesso tempo la fede. Anzi, accrescendola. Non si tratta solo di agire nei confronti di una povertà materiale, ma anche di carattere morale e intellettuale. L’aspetto più importante è l’ascolto: san Luigi insegna che ciò che si fa nel mondo deve essere un riflesso di quella che sarà la nostra vita futura».

Le ville venete

Dalla fede religiosa, alla scoperta delle ville venete tra del XIV-XV secolo. A raccontarle, il conte Arvedi: «Ce ne sono 5.500 e sono nate come dimore destinate all’ozio e al riposo, per poi diventar un punto di riferimento per sfruttare il valore del territorio». Sono diventate aziende agricole, insomma. Un esempio, proprio Villa Arvedi (nella foto sotto) a Grezzana, costruita nel 1200 e poi ampliata nel 1600: «La mia famiglia – ha detto il conte – la comprò per gli allevamenti dei bachi da seta. Oggi viene utilizzata per visite, convegni e matrimoni». Una splendida struttura, caratterizzata dall’arte presente nella sue sale. Come quella dei “Titani“, affrescata da Ludovico Dorigny con scene mitologiche. O il Salone dei Cesari, che può ospitare fino a 180 persone. Ma anche il meraviglioso giardino all’italiana, che nasce come un ornamento elegante della villa, caratterizzato da raffinati disegni a duplice ventaglio.

«Cultura ad ampio respiro»

«Un momento di cultura ad ampio respiro», le parole di Airaghi. Vale per le ville, che «non erano di delizia per i nobili, con l’obiettivo di ritemprarsi, ma avevano un contesto socio-economico importante». E vale per la storia di San Luigi: «Il principe Gonzaga ha tracciato il profilo di un beato che ha vissuto in un periodo contorto e fatto di contraddizioni. Un giovane impegnato nel sociale, al punto da morire per perseguire la sua missione. Se ne va giovanissimo, perché non si dava alcun problema a fermarsi per strada e caricare sulle spalle un appestato. Perché non morisse senza alcun conforto».

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