Appartenenza, parentela e storia nelle vie di Berlino. La mostra al Maga di Gallarate

GALLARATE – Dal 16 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022, il Maga di Gallarate ospita la mostra “The wall between us”, frutto di un lungo processo di ricerca che gli artisti Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini portano avanti da molti anni. E che nel 2020 è stato vincitore dell’ottava edizione di Italian Council, il programma di promozione di arte contemporanea nel mondo della direzione generale creatività contemporanea del ministero della Cultura. L’opera nasce da una riflessione su alcune delle eredità più intricate della guerra fredda. E coinvolge comunità della diaspora asiatica e in particolare vietnamita in Europa e Nord America, interrogandosi al contempo sulla relazione personale degli artisti con le loro storie.

Il viaggio visionario a Berlino

In collaborazione con artisti, scrittori e attivisti, Mocellin e Pellegrini analizzano la loro posizione di genitori adottivi italiani con una figlia e un figlio nati in Vietnam, riflettendo sull’intersezione tra appartenenza, parentela, storia, memoria, politiche identitarie, nonché sugli intrecci esistenti tra loro e i diversi movimenti di memoria che costellano Berlino, la città in cui vivono. Quello del muro di Berlino, o meglio del suo spettro, diviene così un’immagine ricorrente che è strumento narrativo da cui il loro racconto visivo si sviluppa. Da qui il titolo della videoinstallazione, The wall between us, che documenta un viaggio visionario attraverso la capitale tedesca. Una piccola barca a vela si muove lungo per le strade della città, lungo il percorso dove prima sorgeva il muro. Su questa barca, Mocellin e Pellegrini e la loro famiglia trascorrono una giornata, intima e ordinaria, nello spazio pubblico, navigando nel traffico cittadino alla ricerca di un luogo immaginario, dove le memorie e le vite di chi è stato diviso dalla storia possano idealmente incontrarsi. Il video è pensato come una lettera dei due artisti alle madri biologiche della loro figlia e del loro figlio.

Narrazione, memoria e storie familiari

La mostra racconta anche la storia di una collaborazione sviluppata con Savvy Contemporary di Berlino, e di una serie di workshop curata dall’archivio Colonial Neighbours all’interno di Savvy Contemporary e nella Jindrich Chalupecky Society (FCCA) a Praga. Gli incontri, animati da membri delle comunità diasporiche, mettono in discussione le idee di narrazione, memoria e storie familiari – compresa una riflessione sull’adozione transnazionale – in un contesto storicamente carico di una eredità post-socialista e post-coloniale.

Architetti e artisti

La mostra al Maga presenta non solo il percorso personale degli artisti, ma anche la storia di un incontro con architetti e artisti quali Van Bo Le Mentzel, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, Hương Ngô e Hồng-Ân Trương, Jacqueline Hoàng Nguyễn, Thị Minh Huyền Nguyễn, Minh Đức Phạm, Minh Thắng Phạm, Danh Võ, con i quali Mocellin e Pellegrini dialogano negli spazi della mostra e cristallizzano alcune delle riflessioni sviluppate nel cammino di due anni di collaborazione, aprendo nuovi sentieri e traiettorie, e complicando le maglie della narrazione. «Lo spettatore – dichiara la curatrice Elena Agudio – è invitato a navigare lo spazio tra le interiezioni, a confrontarsi con i punti di domanda e le ellissi, a dipanare il bandolo di una matassa per non trovare i princìpi e le fini di una narrazione aperta e in divenire. Con questa sospensione di giudizio nella forma di una mostra, siamo invitati a riflettere: quale è la forma e il tipo di muro che incontriamo tra di noi, e di fronte a noi stessi?».

Riflettere sulla diaspora vietnamita

Accompagna la mostra un libro pubblicato da Archive Books e pensato come una serie di lettere scritte dai vari autori Dieu Hao Do; Jacqueline Hoàng Nguyễn con Hương Ngô e Hồng-Ân Trương; Duc Pham Minh con Thang Pham e Vi Tranova; Isabelle Müller; Linh Tran; Rae Mee-Jin Tilly; Tran Thi Thu Trang e Thi Minh Huyen Nguyen; Trinh Thi Minh Ha; Elena Agudio; Ottonella Mocellin-Nicola Pellegrini alla figlia Rosa Dao e al figlio Tito Vinh Phuc, e alle generazioni diasporiche a venire. Il formato della lettera è qui inteso come un espediente letterario per riflettere su diversi aspetti della diaspora vietnamita ad alcuni giovani membri della comunità che leggeranno queste parole nel prossimo futuro.

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