Gallarate, San Cristoforo rinsalda il rapporto fra Chiesa e Comune

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GALLARATE – «Siamo consapevoli e riconoscenti del legame che le autorità cittadine e le istituzioni offrono alla comunità dei fedeli, dimostrando come anche loro ritengono che alla vita civile faccia bene la presenza di quella cristiana». Si suggella e rinnova, nelle parole e nei gesti, il legame tra amministrazione e comunità dei fedeli nel giorno del patrono di Gallarate, San Cristoforo. In occasione della tradizionale celebrazione liturgica nella basilica di Santa Maria Assunta, il prevosto don Riccardo Festa ha ricordato infatti la tradizionale consegna dei ceri alla chiesa, «il segno antico del contributo ad illuminare le riunioni liturgiche della comunità».

Il futuro è nelle nostre mani

A consegnare i ceri, il sindaco Andrea Cassani, che ha preso parte alla messa di questa mattina, 25 luglio, insieme ai rappresentanti della sua giunta, presenti nella basilica con i cittadini e i preti delle parrocchie della città. A celebrare, il prevosto don Riccardo Festa, che ha ripercorso la storia del santo patrono gallaratese, martire della fede che con la sua scelta di vita – aiutava i viandanti ad attraversare un fiume, in tempi in cui non esistevano ponti e i pericoli erano molti – ha sfidato superstizioni e mitologie pagane. Il cristianesimo di cui diffondeva il messaggio «spazzava via tutto quello che annullava la libertà dell’uomo e lo rendeva schiavo». Il rischio che superstizioni e mitologie ritornino è, secondo don Festa, continuo. Ma in un contesto di dialogo, con «la libertà fedele e affidabile di Dio, è possibile un vero dialogo tra gli umani, su cosa si voglia progettare riguardo al nostro futuro, perché esso è nelle nostre mani e non dipende dai capricci di qualche divinità».

La libertà della fede

Questo è il fondamento di una convivenza civile tra uomini liberi, in cui può essere profondo il contributo della comunità cristiana, che mostra come non esistano tabù, e luoghi impuri, in cui «la presenza di Dio sia esclusa e quindi non esista la libertà umana». Un invito ad aprirsi ai deboli e agli emarginati, infine. La stessa carità cristiana infatti, ricorda don Festa, non è una forma di generosità qualunque, ma una vera e propria sfida, che impone di andare oltre «paure e pregiudizi che impedirebbero di entrare nei luoghi del dolore e del degrado. Questo è il contributo che la comunità cristiana può dare alla vita cittadina, che se evita di addentrarsi in territori degradati e ostili si condanna alla paura. Non esiste invece situazione che non sia governabile. La fede è il coraggio di sfondare i confini delle nostre insicurezze, per recuperare alla libertà ogni angolo del territorio».

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