Salvini due volte martire, per la Lega i problemi sono in Lombardia

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Matteo Salvini si rilassa al Papeete di Milano Marittima, suo tradizionale, discusso e ora famoso quartier generale estivo. E mentre il “capitano” leghista si abbronza e nuota, i commentatori politici dibattono sugli effetti, veri o presunti, dell’autorizzazione al processo votata al Senato per il caso Open Arms. Sono molti gli editorialisti che ritengono che il via libera a procedere contro l’ex ministro dell’Interno sia, a conti fatti, un regalo per il diretto interessato e per la sua Lega. Partito in veloce perdita di consensi, secondo i sondaggi, attraversato da turbamenti interni che, a prestare orecchio a coloro che la sanno lunga, metterebbero in discussione proprio la leadership salviniana. Voci, soltanto voci, che non trovano conferma in una compagine che, una volta, Bobo Maroni definì leninista, “Uno che comanda e gli altri che eseguono un progetto”, definizione che vale oggi come ieri, o quasi. Un partito che si affida al capo, anche quando sbaglia.

Di errori Salvini ne ha commessi tanti, a cominciare dal frettoloso benservito, giusto un anno fa, a Giuseppe Conte. Ma c’è errore e errore. Quello di tenere bloccata una nave, la Open Arms, con 150 poveracci a bordo, per giorni in mezzo al mare, giustificando il divieto di attracco con la difesa degli interessi nazionali, può anche tramutarsi in un successo politico. Se la maggioranza giallorossa con la decisione di mandarlo a processo ha inteso creare un problema a Salvini, l’opinione pubblica probabilmente la pensa in un altro modo. Non c’è bisogno di sondaggi per toccare con mano il comune sentire della gente sui migranti, sulla loro considerazione nella collettività, sui pericoli che essi rappresentano o rappresenterebbero per la stabilità sociale e per la diffusione del coronavirus. Tant’è vero che proprio chi è succeduta a Salvini, la ministra Luciana Lamorgese, si sta prodigando per trovare una veloce soluzione alla ripresa degli sbarchi. Di più, il pentastellato Luigi Di Maio, responsabile degli Esteri, dichiara che “vanno messi fuori uso i barconi: è un’emergenza nazionale”.

Tutto oro colato per Matteo Salvini e la Lega: spedendolo davanti ai giudici, i senatori hanno riproposto il cavallo di battaglia del Carroccio: l’immigrazione, questione che sembrava finita in secondo piano e che ha ripreso vigore, alimentando le doverose preoccupazioni del governo, proprio in coincidenza con la “punizione” inflitta al leader leghista dai suoi colleghi di Palazzo Madama. Per dirla in un altro modo, hanno ridato visibilità a un partito che, in crisi di argomenti, rischiava di perdere la grinta di un tempo. Con un motivo in più di riflessione: se Salvini venisse condannato, diventerebbe un martire; se fosse assolto, lo diventerebbe due volte.

Certo, la Lega deve risolvere problemi di altro tipo, riferiti alle vicende giudiziarie in Lombardia. Più che l’autorizzazione a procedere per Salvini rischia di pesare la questione dei camici prima venduti e poi regalati alla Regione presieduta da Attilio Fontana. E, ancora: più dei camici fanno clamore i conti svizzeri del governatore lombardo, tutti regolari (ci mancherebbe), ma sufficienti a generare commenti sfavorevoli in coloro che vedono nei soldi “scudati” motivo di critiche. Sicuramente ingiuste e ingenerose, come spesso sono i giudizi impietosi dell’opinione pubblica quando semplifica e taglia corto, purtroppo giudizi che possono riflettersi sulle intenzioni di voto. E a fine settembre si vota per le amministrative. Bella da vedere.

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