Il nostro territorio silenzioso vuole lo sviluppo di Malpensa

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C’è una parte della politica di questo nostro territorio che ha come suo indirizzo la “preameditatio malorum”, che possiamo tradurre con l’immagine di catastrofi future, come se dovessero sinceramente arrivare per ogni progetto, ogni nuova infrastruttura, ogni attività intrapresa dall’uomo nell’intorno aeroportuale.

Invito tutti a leggere il nuovo studio dell’ “Osservatorio su Milano area metropolitana”.

È interessante perché ci permette di capire come si costruisce una città competitiva sapendo che ormai sono le aree metropolitane più che le aree paese a creare il quadro competitivo internazionale; come renderla attrattiva per chi ci vive e per chi ci viene; come si deve infrastrutturare per renderla accessibile e vivibile a tutti, ottimizzando un fattore strategico della città, cioè il tempo.

L’area Milanese presenta, rispetto alle altre aree metropolitane europee che si dilatano da un centro e quindi sono monocentriche, un suo sistema storico policentrico caratterizzato da luoghi con una forte identità economica: tra queste ci siamo anche noi, non dimentichiamolo, con il “nostro” aeroporto.

Per comprendere i vent’anni di Malpensa, occorre alzare lo sguardo.

Realizzare il collegamento tra il T2 di Malpensa e Gallarate, per esempio,  è parte di una visione strategica, non da riferirsi solo ed esclusivamente all’aeroporto.

Alzare lo sguardo significa avere una visione sul futuro dei nostri territori e sul nostro vivere, significa creare una connessione tra le intelligenze tecniche e politiche che possono progettarlo, lavorando con il concetto di «capitalismo verde», il cosiddetto ambientalismo di buon senso, che sostenuto dalla buona politica, deve mettere forte pressione su tutti gli attori del processo affinché investano e non smettano di sviluppare, ognuno per propria competenza, tecnologie avanzate e processi innovativi di salvaguardia ambientale tout court, senza rinunciare alla realizzazione dei progetti infrastrutturali.

Percorro anch’io l’intorno aeroportuale di Malpensa e la maggioranza silenziosa composta da migliaia e migliaia di persone che, non a caso, William Graham Summer chiamava “l’uomo dimenticato”: quello che “lavora, vota, di solito prega, ma sempre paga” si auspica lo sviluppo dell’aeroporto e delle infrastrutture ad esso collegate nonché delle aree delocalizzate, e tutto ciò per il principio del bene comune.

Possibile che la politica locale dell’intorno aeroportuale deve solo far passare il mugugno, il piagnisteo, il brontolio e non appropriarsi delle positività costruita e da costruirsi partecipando al Patto della Lombardia, un patto di concretezza, che l’ex governatore Maroni e il sindaco Sala hanno sottoscritto con l’allora governo?

Mi chiedo perché la politica dell’intorno aeroportuale non possa essere come Milano, pragmatica e concreta, fondata sul rito ambrosiano, che pur dividendosi sui principi e sulla politica, sa comunque trovare la strada maestra del dialogo quando si parla dell’interesse generale.

La politica locale, compresi i comitati che purtroppo hanno quasi sempre gli occhi rivolti al passato, devono muoversi su di una linea di interesse collettivo, e non secondo interessi particolari di qualsiasi genere essi siano, essendo consapevoli che il procedimento decisionale si svolge mediante la composizione degli interessi multipli e che, nell’attenzione politica che occorre porre al  processo decisionale, noi dobbiamo portare quella che il professor Giulio Sapelli ha definito «rivoluzione tecnologica capitalistica liberale» in ognuno dei settori decisivi per l’ambiente.

Guido Colombo 
(sindaco di Somma Lombardo dal 2005 al 2015)

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