Imprese: Pmi Lombardia locomotiva d’Italia. Il Varesotto dà una grande spinta

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MILANO – E’ al momento uno spiraglio, che però fa ben sperare, la fotografia offerta dal recente report di Infocamere – la società per l’innovazione digitale delle Camere di Commercio – che osserva l’andamento della presenza delle società straniere nel capitale delle aziende manifatturiere italiane (campione Italia 214.000 aziende), dove nella classifica per numero di aziende partecipate la Lombardia si conferma la prima per attrattività tra le Regioni italiane con oltre 2000 aziende partecipate da soci esteri, seguita dal  Veneto (668 aziende), al terzo posto l’Emilia Romagna (559 aziende) e al quarto posto il Piemonte con 533 aziende. Poi molto distaccate Toscana e Lazio.

Se si guarda nello specifico alla Lombardia si osserva una forte crescita di investimenti stranieri nelle aziende del territorio, e soprattutto nelle PMI: nel 2022 sono oltre 2000 le aziende industriali con presenza straniera – in crescita del +22% rispetto alle 1629 rilevate nel 2017 – e di queste 1548 sono quelle nelle quali un singolo azionista estero ha la maggioranza assoluta (dato in crescita rispetto alle 1219 (contate nel 2017).

In realtà sono numeri contenuti rispetto al vero potenziale di attrattività del tessuto di imprese lombarde– commenta il mid-cap investor Giovanna Voltolina – un territorio che, certificano gli ultimi dati di Confindustria, vanta oltre 40.000 Pmi (rilevazione 2021) in crescita del 3,3% rispetto all’anno precedente. Una vera risorsa ad elevatissimo potenziale non solo per il sistema produttivo lombardo ma come volano per tutta l’economia nazionale”.

QUEL “TURBO-VARESOTTO” OPEROSO

In questo contesto di eccellenza il Varesotto, secondo gli esperti, è uno dei territori che da più spinta alla locomotiva lombarda “un’area che – conferma il mid-cap investor  – è da sempre sotto la lente degli investitori per molteplici motivi che vanno dalle naturale predisposizione dei varesotti a correre ed a rendere sempre più competitive le proprie aziende, ma anche per fattori esterni come la vicinanza a Milano, la prossimità alla Svizzera ed inoltre – continua Voltolina –  a livello infrastrutturale (tra strade, autostrade e aeroporto) il Varesotto ha una marcia in più”.

Lo spiraglio, agli occhi dell’investor è quella piccola (in rapporto al complessivo) evoluzione per la quale aziende e venture capital stranieri stanno iniziando ad investire nelle nostre Pmi. E non solo rilevandone la maggioranza, ma anche in cosiddetta modalità “expansion” ovvero con investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda. 

In effetti secondo il recente report (primo semestre 2023) pubblicato da AIFI – Associazione Italiana del private Equity, Venture Capital e Private Debt e PwC Italia l’ammontare investito complessivo e a livello nazionale (estero e Italia) è calcolato a 3.189 milioni di euro, peraltro in forte in calo (-71%) rispetto al primo semestre del 2022, (eccezionalmente caratterizzato però da operazioni importanti a valore). Di questi il buyout (acquisizioni di maggioranza o totalitarie) cuba 2.215 milioni, disegnando una decrescita del -39% rispetto al periodo nell’anno precedente; il venture capital (investimenti in imprese nella prima fase di ciclo di vita, startup, ecc.) assomma 410 milioni (in calo del -7%).

PUNTARE SU INVESTIMENTI IN EXPANSION

“Invece l’expansion – legge Giovanna Voltolina – ha generato 210 milioni, quindi poco, pochissimo – commenta la mid-cap investor – ma in aumento del +13%. Uno spiraglio che per piccolo che sia indica invece con grande forza la strada su cui davvero bisogna investire, unitamente ad una cultura del lungo periodo, quella cioè in cui il passaggio generazionale non sia più, così come invece oggi è, il tramonto della PMI”.

Infatti, nella realtà il problema a questo sviluppo è una combinazione di fattori – riflette l’esperta – che da una parte allontanano l’imprenditore a scegliere di aprire il capitale ad un investitore, sia italiano che estero e dall’altra rendono difficile per l’investitore portare avanti un investimento di minoranza nell’azienda; dalle strutture di governance che si devono poggiare su un ordinamento giuridico e norme  troppo complesse e obsolete e un sistema giudiziario che rimane uno dei più lenti in Europa. Vi è poi – conclude Giovanna Voltolina – il tema generazionale che vede i ‘vecchi’ capitani d’impresa non essere riusciti a costruirsi una solida successione e quindi un futuro per l’azienda; nonché quello della burocrazia e delle politiche economiche, nazionali e regionali, stravolte e ad ogni cambio di Governo”.

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