“La lunga notte del Duce” e il moltiplicarsi dei saluti romani

bottini lunga notte duce

di Gian Franco Bottini

E’ passata recentemente su RAI 1, con un ottimo ascolto, la miniserie “La lunga notte- La caduta del Duce”. Al di là di qualche inevitabile infiocchettatura cinematografica pare di poter dire che la storicità degli eventi narrati sia stata rispettata. Lo comproverebbero le recensioni dei “giornaloni”, le più critiche delle quali, alla fine, non hanno fatto altro che rilevare la non adeguatezza storica delle auto utilizzate o il fatto che la “signorina” Petacci fosse in effetti “signora” in quanto già precedentemente maritata.

Sciocchezze insomma, rispetto alla rilevanza dei fatti narrati che rappresentano drammaticamente uno dei momenti più bui delle nostra recente storia. Non sono stati fatti sconti a nessuno. Non alle debolezze di Mussolini, al suo stato confusionale di quei giorni, alla sua sudditanza all’”alleato” tedesco, al suo egocentrismo destinato a staccarlo dalla realtà. Non alla meschinità dei Savoia, a conferma di quanto salvifico per il Paese sia stato il referendum che promosse la Repubblica e segò la dinastia. Per non parlare delle figure dei vari gerarchi, arroganti e corrotti, immagine del fascismo di quegli ultimi periodi.

Una serie di coincidenze paiono però essere sfuggite ai molti, visto che nulla è stato detto in proposito, pur presentando degli  aspetti molto significativi che legano la storia di allora con la situazione politica dei nostri giorni. La programmazione è avvenuta su Rai 1, la nave ammiraglia della flotta televisiva di stato dove, è inutile negarlo, il controllo “censorio” governativo sarà  sicuramente il più critico. Tutto è avvenuto a poco più di un anno dall’insediamento del governo a conduzione Fratelli d’Italia, partito per il quale risulta difficile smentire la sua discendenza dal maltrattato fascismo al centro della storia narrata.

bottini lunga notte duce
Gian Franco Bottini

Il produttore è il noto Luca Barbareschi, già deputato di Alleanza Nazionale e di altre aggregazioni politiche la cui discendenza è analogamente molto chiara. Tra concepimento dell’idea, scrittura e realizzazione, ipotizzare il tempo di un anno pare riferirsi a “qualcuno che ha fretta”; più o meno il numero di giorni trascorsi dall’insediamento del governo Meloni ai giorni nostri.

L’insieme di queste situazioni fa pensare che l’argomento trattato non infastidisca il partito di maggioranza, ma anzi pare che, in immediata prossimità della sua ascesa al potere, il partito della Premier abbia voluto dimostrare di non temere lo “sputtanamento” di un ingombrante passato, montando una operazione del tipo “le colpe dei padri non devono ricadere sui figli”.

Ad elezioni avvenute, la cosa rappresenta anche uno strappo con quelle frange revansciste che, incoraggiate dalla vittoria alla quale hanno contribuito, potrebbero rinvigorire la loro presenza oltremodo nociva per la programmazione di un futuro di FdI che la Premier Meloni sa di poter garantire solo portando il suo partito verso una posizione più conservatrice e di distacco da un passato inguardabile.

Oggi l’avvicinarsi di un ulteriore passaggio elettorale costringe FdI ad uno scontro, democratico si intende, con gli alleati di governo per riconfermare il voto dei tanti leghisti e forzisti che nel recente passato hanno travasato il loro consenso nel secchio dell’attuale partito di maggioranza. Allora fu il solito  voto istintivo, figlio più delle debolezze altrui che della totale convinzione degli elettori; oggi FdI deve fare qualcosa di più per convincere gli stessi a restare, non solo dimostrando la, sempre discutibile, sua capacità di governare, ma anche cercando di vestirsi di quella moderazione che è sempre stata la cifra maggioritaria del nostro elettorato. Nulla di meglio che, consentendo con sottinteso “disgusto” il ricordo di una vicenda così cruda, tentare di  dimostrare tangibilmente la sua negazione di una ideologia che le lontane origini di FdI farebbero temere.

Se tutte queste ipotesi trovassero conferma la “Lunga notte” sarebbe stata una operazione politicamente rilevante, fors’anche coraggiosa, destinata a far comprendere il pessimo significato dei “saluti romani”, a quelle frange di persone per lo più così anagraficamente lontane dai fatti reali, da permettersi di esibirli probabilmente non conoscendone a fondo il reale portato simbolico. Recentemente pare infatti che esibizioni di tal genere vadano proliferando (anche nella nostra provincia) e ridurle, come spesso si tenta di fare, a puro folclore non ci pare sia la giusta risposta.

Basta ricorrere alla memoria dei pochi che possano ancora rappresentare una testimonianza viva e alle tante ricostruzioni letterarie della storia degli anni ‘20/’30 del secolo scorso, per sapere che anche allora all’inizio si parlò di folclore ma, successivamente, sbucarono manganelli, “lassativi blandi ma sicuri” e tutto il resto che vorremmo rimanesse un triste ricordo.

bottini lunga notte duce – MALPENSA24