La rete dei volontari di Busto non si ferma più. Cislaghi: «Modello per il dopo-Covid»

mario cislaghi busto aler

BUSTO ARSIZIO – «La rete a sostegno dell’ospedale e del bisogno? Deve diventare un modello anche dopo l’emergenza». L’appello di Mario Cislaghi, ex assessore ai servizi sociali e storico referente del quartiere di San Giuseppe, che da due mesi ormai è impegnato in prima linea con la rete dei volontari sollecitata e messa insieme dal parroco di San Giuseppe, don Giuseppe Tedesco. Una “macchina” composta da circa 50 volontari e da una trentina tra commercianti e ristoratori, che ogni giorno si occupa di fornire i pasti ai reparti dell’ospedale di Busto Arsizio impegnati nell’emergenza (terapia intensiva, rianimazione, pronto soccorso e reparti di degenza Covid), ma anche di distribuire pacchi alimentari ad un centinaio di famiglie bisognose individuate dai gruppi e dalle associazione che compongono la rete. Che è nata sull’ossatura del “coordinamento feste”, una trentina di realtà parrocchiali, di quartiere e dell’associazionismo sportivo, e che si è affiancata ai due gruppi comunali di Protezione Civile (Garibaldi e Augustus), alla Croce Rossa e agli Alpini.

La rete del volontariato

«Già da assessore è sempre stato un mio pallino quello di mettere tutto il mondo del volontariato in rete – spiega Mario Cislaghi – ora è il momento giusto di mettere insieme esperienze, energie e risorse: solo se ci uniamo tutti, chi ha lavorato in questo periodo di emergenza, senza voglie di protagonismo, possiamo reggere l’urto di una ripresa delle attività che non sarà facile per nessuno. Ci saranno sempre meno risorse e meno sponsor, occorre fare rete, salvaguardando le specificità e le peculiarità di ogni realtà, per mettere in comune risorse e idee e ridurre gli sprechi, i doppioni e le sovrapposizioni». Un modello lanciato da tempo dal coordinamento feste, che permette alle varie sagre della città di condividere attrezzature, professionalità, incombenze come i corsi di formazione dei volontari, e che secondo l’ex assessore potrebbe allargarsi in primis al mondo del sociale.

Il censimento del bisogno

«Se facciamo rete possiamo finalmente avere una fotografia della realtà del bisogno in città – sottolinea Cislaghi – ciascun quartiere ha una percezione più veritiera della realtà del bisogno, e questa crisi ha dato anche alle Caritas la possibilità di scoprire i nuovi poveri. Credo che sia giusto dare un senso a questa situazione di emergenza, per poter dare risposte più capillari al bisogno in città. La speranza è che questo modus operandi possa continuare anche dopo l’emergenza. Se ci siamo riusciti noi del coordinamento feste, che facevamo tutt’altro, credo che possano farlo anche altri». Anche perché la crisi è destinata a durare probabilmente a lungo, e sarà necessario coordinare risposte ai bisogni anche quando verranno meno gli aiuti dall’alto.

La rete dei quartieri

Un auspicio che lo storico referente di San Giuseppe allarga a tutti i settori, «nel sociale e nel volontariato, ma anche nello sport e nella cultura», ma anche al tema più generale dei bisogni delle “periferie”, visto che nelle scorse settimane si è tornato a parlare di consulte di quartiere. «Chi lavora sul territorio può farsi portavoce delle istanze che arrivano dal basso, senza etichette – sostiene Cislaghi – ogni quartiere ha le sue esigenze, ma se c’è la volontà di fare rete si trovano soluzioni per la città. Su questo ci confronteremo con l’amministrazione». Insomma, il “seme” piantato ai tempi del Covid-19 potrebbe far nascere frutti inaspettati.

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