L’incidente del volo TWA a Malpensa 45 anni fa: tutti illesi, a bordo c’era Pavarotti

Foto tratta dalla pagina Facebook Tg70-accadde oggi negli anni 70

MALPENSA – Sono passati 45 anni esatti dall’incidente aereo a Malpensa sul volo 842 della TWA con a bordo Luciano Pavarotti. Era il 22 dicembre 1975. Un Boeing della compagnia statunitense, in arrivo da New York, trovò lo scalo della brughiera circondato da una nebbia fittissima e atterrò in emergenza sull’erba, spezzandosi in due parti. Tutte sopravvissute le 125 persone a bordo, di cui 26 furono trasportate all’ospedale di Gallarate. A Olgiate Olona, 16 anni prima, si era consumata la tragedia sul volo TWA che esplose in volo colpito da un fulmine.

La nebbia a Malpensa

L’aereo era un Boeing 707 della compagnia TWA (Trans World Airlines), partito da New York con 2 ore di ritardo: Malpensa era circondata da una nebbia fitta e il pilota, il texano Charlie Edward Watkins, cercò di atterrare «sotto la sua responsabilità» (così riportò il New York Times il giorno successivo), anche se poi dichiarò di non riuscire a vedere fuori dall’abitacolo. Dopo un primo tentativo di atterraggio fallito, il jet fece un giro intorno allo scalo per riallinearsi alla pista ma l’atterraggio non andò a buon fine: l’aereo scivolò sul manto erboso con un impatto tale da distruggere i carrelli di atterraggio e spezzare la fusoliera in due. C’erano 125 persone a bordo di cui 116 passeggeri e 9 membri dell’equipaggio, tutti sopravvissuti: 26 persone furono trasportate all’ospedale di Gallarate, di cui 9 in condizioni definite “leggermente gravi”.

La testimonianza di Pavarotti

«Ho incontrato la morte» dichiarò anni dopo Luciano Pavarotti, ripensando a quell’episodio. Il tenore modenese all’epoca era la star della Metropolitan Opera House di New York e stava rientrando in Italia per le festività natalizie come molti altri italo-americani che erano a bordo del volo TWA. «Il volo sull’Atlantico fu perfetto – raccontò in un’intervista – fu nei pressi di Milano che cominciarono i guai. Una fitta nebbia ci impediva di atterrare. Fu molto più che un contrattempo. Correvamo un grosso pericolo. Ancora una volta vidi la morte davanti agli occhi. Feci il voto, in cambio della salvezza, di cantare il Te Deum nel Duomo di Modena, insieme a mio padre. A quel punto il pilota fece forse la più bella manovra della sua carriera risparmiandoci un tragico schianto. Quando fui in cima alla scaletta, mi sentii venir meno. Ebbi solo la forza di dire: “Un miracolo, il secondo”». Pavarotti infatti aveva rischiato la vita già da bambino, per una grave malattia.

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