L’infermiera del pronto soccorso di Busto: «Positiva al Covid. Ma resisto. E tornerò»

BUSTO ARSIZIO – «Quando si cura una malattia si può vincere o perdere, ma quando ci si prende cura di una persona si vince sempre. L’unica possibilità rimasta è quella di resistere». Sono le parole di un’infermiera del pronto soccorso che dopo essere stata in prima linea per l’emergenza Covid ha ricevuto «quella chiamata», di cui ricorda solo due parole: «Tampone positivo». Lei si chiama Giulia Premoselli, ha 26 anni e da due, dopo la laurea, lavora come infermiera all’ospedale di Busto Arsizio. Prima in rianimazione Covid, poi al pronto soccorso. Ora è a casa con il Coronavirus, ma dopo qualche giorno di sintomi è già sulla via della guarigione. E non ha perso lo spirito, anche quello positivo: «Non vedo l’ora di poter ritornare al lavoro – confessa – sarò forse stacanovista ma sono innamorata del mio lavoro».

La testimonianza

La testimonianza di Giulia, pubblicata su LinkedIn, ha raccolto tantissimi “like” e commenti di incoraggiamento. «Alla fine, per quanto siamo attenti, per quanto abbiamo sperato di non ammalarci, anche io, come 28mila sanitari, ho ricevuto quella chiamata: una voce metallica di cui sono riuscita a percepire solo “tampone positivo” – racconta la giovane infermiera – ma la verità è che siamo sempre disposti a rischiare, per la nostra professione, per i valori in cui crediamo. Perché quando si cura una malattia si può vincere o perdere ma quando ci si prende cura di una persona si vince sempre. L’unica possibilità rimasta è quella di resistere».

La prima ondata

Del periodo della rianimazione Covid ricorda i «turni trascorsi col fiato spezzato, con l’aria consumata dalla mascherina troppo stretta, con naso e fronte solcati dalle protezioni che nascondevano un sorriso spento». E lo fa con l’orgoglio di chi ce l’ha messa tutta in un momento difficile: «Avevamo il compito di custodire un filo, un filo tra i nostri pazienti e le loro famiglie che, senza rendersene conto, si erano viste portar via le persone più importanti della loro vita – rivela Giulia Premoselli – avevamo l’obiettivo di dare una speranza, una speranza ai nostri pazienti e una speranza a noi. Siamo stati molto più che colleghi, l’uno con la forza dell’altro perché l’ottimismo non bastava più, il cuore gioioso è una buona medicina ma uno spirito abbattuto toglie le forze».

La seconda ondata

È ormai da più di tre settimane che sembra di essere ripiombati nell’incubo di marzo-aprile, e Giulia lo sa perché in quel periodo ha vissuto l’esperienza, con quelle «sensazioni che ci lasceranno segnati a lungo», dei reparti Covid dell’ospedale, ma anche delle RSA colpite dal contagio. Ma non si tira indietro: «Ho imparato a sorridere con lo sguardo» racconta la giovane sanitaria. Che prima di “fermarsi ai box” viveva la giornata «sperando di trasmettere serenità e nascondendo dietro la maschera il timore di portare a casa la malattia», ma gratificata dalle parole dei “suoi” pazienti, che «danno la speranza che un giorno si possa tornare alla normalità».

Ospedale di Busto, 327 posti letti Covid occupati. Il dg Porfido: «Siamo tiratissimi»

 

busto arsizio infermiera ospedale covid – MALPENSA24